Con la risposta del 1° febbraio 2021 n. 67, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito la modalità di tassazione degli interessi che una società non residente (nel caso di specie una banca lussemburghese), priva di stabile organizzazione in Italia, percepisce da persone fisiche (non esercenti attività di impresa) residenti in Italia. In primo luogo, l’Agenzia delle Entrate si sofferma sui criteri di territorialità applicabili. E’ noto infatti che ai sensi dell'articolo 23, comma 1, lettera e), del TUIR i redditi di impresa realizzati da un soggetto estero, si considerano prodotti nel territorio dello Stato solo se derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni. I redditi prodotti dagli enti commerciali non residenti sarebbero in linea di principio qualificabili “per definizione” quale reddito di impresa. Di conseguenza, in astratta teoria, in assenza di una stabile organizzazione in Italia, tali redditi sarebbero in astratto mai imponibili in Italia. Tuttavia, il comma 3 dell'articolo 151 del TUIR prevede che i redditi delle società e degli enti commerciali non residenti senza stabile organizzazione in Italia, sono considerati imponibili in Italia secondo i criteri di territorialità di cui all’art. 23 con riferimento alle singole categorie reddituali, diverse dal reddito di impresa. Ciò posto, dunque, gli interessi pagati da un soggetto residente in Italia ad una banca non residente priva di stabile organizzazione in Italia seguono il trattamento impositivo degli interessi, i quali, salvo alcune eccezioni, sono imponibili in Italia se corrisposti da un soggetto residente in Italia. Pertanto, gli interessi pagati da persone fisiche residenti in Italia alla banca lussemburghese sono tassabili in Italia come redditi di capitale. Accertata l’imponibilità in Italia dei proventi in esame, l’Agenzia delle Entrate si sofferma sulle modalità di tassazione. In linea di principio, tutti i redditi di capitale percepiti da soggetti non residenti sono assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta. Tuttavia, caso in esame, i soggetti che erogano gli interessi non sono sostituti d'imposta (in quanto soggetti non imprenditori). Pertanto, al momento del pagamento non potranno effettuare alcuna ritenuta alla fonte Sarà dunque la banca lussemburghese, ancorché priva di stabile organizzazione nel territorio dello Stato, a dover tassare tali proventi in Italia (qualificandoli come redditi di capitale), presentando il Modello Redditi SC. Il livello di imposizione da applicare alla banca non residente in astratto dovrebbe essere pari all’aliquota IRES ordinaria del 24 per cento. Tuttavia, la disciplina domestica deve essere coordinata con le disposizioni della Convenzione per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, firmata tra Italia e Lussemburgo il 3 giugno 1981 e ratificata con legge 14 agosto 1982, n. 747 ("Convenzione"). In particolare, l’art. 11 della Convenzione prevede che gli interessi corrisposti ad un soggetto residente in Lussemburgo siano imponibili anche in Italia. Tuttavia, "se la persona che percepisce gli interessi ne è l'effettivo beneficiario, l'imposta così applicata non può eccedere il 10 per cento dell'ammontare lordo degli interessi". Tale limitazione della potestà dell’Italia al 10 per cento dell’ammontare lordo non è circoscritta ai casi in cui intervenga un sostituto d'imposta. Di conseguenza, tale aliquota ridotta troverà applicazione anche nella fattispecie in esame in cui è tali redditi sono tassati in Italia mediante presentazione della dichiarazione da parte del percipiente. L’Agenzia delle Entrate conclude quindi che l'Istante può applicare l'aliquota convenzionale direttamente nel Modello Redditi SC, Quadro RN, Rigo RN7, indicando in colonna 2, l'aliquota del 10 per cento. Il rilievo di tale pronuncia risiede nella conferma, da parte dell’Agenzia delle Entrate, dell’applicabilità dell’aliquota convenzionale ridotta anche in caso di indicazione diretta del reddito in dichiarazione da parte del contribuente, senza l’intervento di un sostituto di imposta. In conclusione, l’Agenzia delle Entrate afferma che “[r]esta inteso che, per quanto sopra esposto, la ritenuta [rectius l’imposta] è applicata sull'ammontare lordo degli interessi di fonte italiana”. Nell’effettuare tale affermazione l’Agenzia delle Entrate ignora le richieste del contribuente. Questi infatti aveva ipotizzato l’applicazione dell’imposta in questione sull’importo netto degli interessi. Ciò sulla base delle conclusioni raggiunte dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza Brisal del 13 luglio 2016, causa C-18/15, in tema di interessi corrisposti ad un istituto di credito non residente. In tale sentenza, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha sancito l’illegittimità di una disciplina nazionale che non concede ai soggetti non residenti, con riferimento alla tassazione degli interessi percepiti, le medesime deduzioni riconosciute ai soggetti residenti. Tale sentenza rappresenta l’applicazione, con riferimento al reddito di impresa, di alcuni principi contenuti in precedenti pronunce. Si fa riferimento in particolare alle sentenze del 12 giugno 2003, causa C-234/01, Gerritse contro Finanzamt Neukölln-Nord; 3 ottobre 2006, causa C-290/04, Scorpio contro Finanzamt Hamburg-Eimsbüttel; 15 febbraio 2007, causa C-345/05, Centro Equestre contro Bundesamt für Finanzen. I principi della sentenza Brisal sono stati peraltro applicati, in tema di canoni corrisposti ad un soggetto non residente, dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, nella sentenza n. 363 del 15 aprile 2019.