Validità della notifica dell’avviso di accertamento all’indirizzo indicato in dichiarazione – Commento a Cass. civ., Sez. V, ord. 14 luglio 2021, n. 20017

28 Luglio 2021

Abstract

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, è validamente notificato l’avviso di accertamento all’indirizzo indicato dal contribuente nella dichiarazione dei redditi, anche se questo non corrisponde a quello della sua residenza anagrafica.

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La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 14 luglio 2021, n. 20017, ha ribadito[1] il principio per cui l’indirizzo riportato dal contribuente nella dichiarazione dei redditi, pur differente rispetto a quello risultante dai pubblici registri anagrafici, può essere validamente utilizzato dall’Amministrazione finanziaria per la notifica di un atto impositivo.

La vicenda trae origine dal ricorso del contribuente avverso la Comunicazione emessa da Equitalia Centro S.p.A. relativa all’avvio dell’attività di riscossione delle somme dovute a seguito di un avviso di accertamento avente ad oggetto il recupero di maggiore IRPEF per l’anno 2007. Tra le doglianze sollevate dal contribuente, era stata sostenuta l’invalidità della notifica dell’atto impugnato, che si sarebbe perfezionata non presso la residenza anagrafica del contribuente, ma presso il (diverso) domicilio indicato dallo stesso contribuente al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi. La Commissione tributaria provinciale di Chieti aveva respinto il ricorso ritenendo, tra l’altro, non fondato il rilievo circa l’illegittimità della notifica dell’avviso di accertamento.

La Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in sede di appello, aveva confermato la pronuncia resa nel primo grado di giudizio, osservando come nel caso di specie dovesse applicarsi l’articolo 58, comma 4, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600[2] e non, come erroneamente dedotto dalla ricorrente, l’art. 60, co. 1, lett. d), del medesimo decreto, come modificato dall’art. 38, co. 4, lett. a), n. 2, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78[3]. Secondo i giudici di appello, dunque, l’indicazione del domicilio riportata nel Modello 730 consentiva di riferire a tale indirizzo il domicilio fiscale del contribuente cui fare riferimento per la notifica degli atti impositivi.

Il contribuente ha proposto pertanto ricorso per cassazione, lamentando – con i primi tre motivi di gravame la violazione e/o falsa applicazione delle due disposizioni sopra richiamate, dell’art. 24 Cost., nonché dell’art. 47 c.c., anche in relazione all’art. 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. “Statuto dei diritti del contribuente”). Al riguardo, ha sostenuto che le dichiarazioni cui fa riferimento l’art. 58, co. 4, del d.P.R. n. 600/1973 dovrebbero intendersi quali “dichiarazioni in atti” (pubblici e privati) e non, invece, come “dichiarazioni dei redditi”. Di conseguenza, nella prospettazione del ricorrente, deve attribuirsi rilevanza al disposto della lett. c),dell'art. 60, co. 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, secondo cui le notificazioni ai contribuenti devono essere fatte, salvo il caso della consegna dell'atto tributario in mani proprie, ”nel domicilio fiscale del destinatario”, che, per le persone fisiche, si colloca ”nel comune nella cui anagrafe sono iscritte” (art. 58, co. 2, primo periodo, del d.P.R. n. 600/1973).

La Corte di Cassazione, nel rigettare i motivi d’impugnazione e confermare la legittimità dell’avviso di accertamento, rileva che la procedura di notificazione degli atti impositivi deve essere coordinata con i principi generali dettati dallo Statuto dei diritti del contribuente, in virtù dei quali l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di assicurare, in linea generale, l’effettiva conoscenza, da parte del contribuente, degli atti a lui destinati, nel rispetto dei canoni di collaborazione, cooperazione e buona fede a cui devono essere improntati i rapporti tra l’Amministrazione stessa e i privati.

La Suprema Corte ha quindi precisato che, riferendosi alla ”effettiva conoscenza”, il legislatore non ha voluto garantire al contribuente l’assoluta certezza della conoscenza, quanto piuttosto la conoscibilità legale, così come previsto dalla previsione di chiusura dell’art. 6, co. 1, dello Statuto dei diritti del contribuente, secondo cui “restano ferme le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari”. Inoltre, prosegue la Suprema Corte, tale articolo intende assicurare l’effettiva conoscenza di tutti gli atti a lui destinati.

A parere della Cassazione, “[a]nche se, in linea generale, ai fini della notificazione si deve avere riguardo alle risultanze anagrafiche che riguardano il contribuente destinatario dell'atto, non può sottacersi che il terzo comma dello stesso art. 60, alla cui stregua «le variazioni e le modificazioni di indirizzo risultanti dai registri anagrafici "hanno effetto" ai fini delle notificazioni, dal trentesimo giorno successivo a quello dell'avvenuta variazione anagrafica», non può condurre a ritenere che l'Ufficio finanziario sia onerato, prima di notificare un atto al contribuente, del controllo, mediante una verifica sui registri anagrafici, dell'attualità dell'indicazione della residenza contenuta nella dichiarazione dei redditi, né che detta indicazione sia priva di effetti ai fini della notifica degli atti tributari.

Nell’ipotesi in cui, dunque, ci sia difformità tra residenza anagrafica e la residenza indicata nella dichiarazione dei redditi, la Corte di Cassazione ha chiarito la validità della notifica effettuata presso il domicilio indicato nella dichiarazione dei redditi. E ciò anche quando il perfezionamento della notifica sia avvenuto tramite il meccanismo della compiuta giacenza dell’atto.

Tra l’altro, secondo i giudici di legittimità, nel caso in esame, il domicilio indicato in dichiarazione costituiva l'unico recapito conosciuto dall'Amministrazione finanziaria per procedere alla notifica dell'atto impositivo, cosicché tale indicazione, in difetto di diversa comunicazione, da parte della contribuente, effettuata con le modalità prescritte dal richiamato art. 60, co. 1 lett. d), del d.P.R. n. 600/1973, non può che equivalere a elezione di domicilio all'indirizzo indicato in dichiarazione.

La pronuncia della Suprema Corte affronta la tematica della disciplina di perfezionamento della notifica degli atti impositivi, esponendosi ad alcuni rilievi critici.

Un primo rilievo riguarda, con riferimento alla posizione del contribuente, la lesione del diritto di difesa laddove si consideri perfezionata una notifica per compiuta giacenza presso un indirizzo riportato in dichiarazione per mero errore del contribuente. In questo senso, infatti, il contribuente avrebbe poche possibilità di difendersi da un atto impositivo di cui è fortemente compromessa la conoscibilità.

Diversamente, essendo l’atto impositivo un atto idoneo a incidere in modo rilevante nella sfera giuridica del destinatario, sembra conforme al un principio di buon andamento della pubblica amministrazione garantire che la sua notifica avvenga nel suo effettivo luogo di residenza, anche in caso di errata indicazione del domicilio nella dichiarazione dei redditi.

Sotto un diverso profilo, appare difficilmente condivisibile l’assunto secondo cui nel caso di specie “il domicilio indicato in dichiarazione costituiva l'unico recapito conosciuto dall'Amministrazione per procedere alla notifica dell'atto impositivo”, non potendosi ritenere preclusa – per il funzionario – la possibilità di accesso alle informazioni e ai dati in possesso della pubblica amministrazione.

In ogni caso, non avendo il contribuente operato alcuna elezione di domicilio ai sensi dell’art. 60, co. 1, lett. d), del d.P.R. n. 600/1973, si resta dell’avviso che l’errata indicazione del domicilio nella dichiarazione dei redditi – con o senza buona fede da parte del contribuente stesso – non può rendere inoperante la norma di riferimento per la notificazione degli atti impositivi, ovvero l’art. 60, co. 1, lett. c), secondo cui la notifica deve essere effettuata nel domicilio fiscale del destinatario, che coincide con la residenza anagrafica.

R.C.


[1] Recentemente è stato espresso anche con l’ordinanza 20 maggio 2021, n. 13843.

[2] Ai sensi del quale “[n]egli atti, contratti, denunzie e dichiarazioni che vengono presentati agli uffici finanziari deve essere indicato il comune di domicilio fiscale delle parti, con la precisazione dell’indirizzo solo ove espressamente richiesto”.

[3] Che dispone che “è in facoltà del contribuente di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano. In tal caso, l’elezione di domicilio deve risultare espressamente da apposita comunicazione effettuata al competente ufficio a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero in via telematica con modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate”.

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