Il Tribunale dell’Unione europea respinge il ricorso di Nike e Converse contro la decisione della Commissione europea di avvio di indagine formale

10 Settembre 2021
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Il Tribunale dell’Unione europea, con la sentenza del 14 luglio 2021, causa T-648/19, ha respinto il ricorso proposto da Nike e Converse avverso la decisione della Commissione europea di aprire un procedimento d’indagine formale riguardante i loro accordi fiscali (c.d. “tax ruling”) con il governo olandese.

Il caso

Tra il 2006 e il 2015[1] l’Amministrazione finanziaria olandese aveva concluso con le multinazionali in questione (operanti, come noto, nel settore della produzione e commercializzazione di prodotti sportivi) cinque tax ruling aventi a oggetto i prezzi di trasferimento delle royalties da due filiali olandesi di Nike e Converse ad altre società del gruppo Nike. Le predette royalties erano state dedotte fiscalmente dal reddito imponibile di Nike e Converse nei Paesi Bassi.

Nello specifico, le misure in questione avevano a oggetto il pricing delle royalties deducibili pagate, da un lato, dalla Nike European Operations Netherland BV (“NEON”) dapprima alla Nike International Ltd (“NIL”) e, poi, alla Nike International CV (“NI”); e, dall’altro lato, dalla Converse Netherland BV (“CN”) alla All Star CV (“AS”), in cambio della concessione delle licenze d’uso dei diritti di proprietà intellettuale relativi ai prodotti Nike e Converse nella regione dell’Europa, del Medio Oriente e dell’Africa (“EMEA”).

I ruling avevano convalidato il livello delle royalties dovute dalle ricorrenti, pari alla differenza tra i ricavi totali e una parte del margine operativo delle stesse ricorrenti.

Per quanto riguarda la situazione di NEON, la decisione impugnata faceva riferimento a tre diversi accordi.

Il primo, datato 29 novembre 2006, aveva fatto seguito a un accordo tra NEON e NIL, per la distribuzione esclusiva dei prodotti Nike nella regione EMEA, unitamente a una licenza per l’utilizzo dei diritti di proprietà intellettuale relativi a tali prodotti. La royalty dovuta da NEON a NIL doveva corrispondere alla differenza tra l’utile operativo di NEON e il 2-5% dei suoi ricavi totali.

Il secondo, dell’ottobre del 2010, aveva invece fatto seguito a un’istanza di NEON di modifica del precedente ruling, motivata da una modifica della propria attività. L’accordo con l’autorità olandese aveva portato alla rettifica in aumento del tasso di royalty pagato da NEON a NIL, nonché l’estensione dell’elenco dei Paesi della regione EMEA per i quali NEON era stata designata come licenziataria esclusiva dei prodotti coperti dai diritti di proprietà intellettuale, oggetto di trasferimento. Con questo secondo accordo, l’Amministrazione finanziaria olandese aveva confermato le sue conclusioni del 2006, qualificando l’attività di NEON come attività di mera distribuzione. Essa aveva, inoltre, privilegiato espressamente il metodo del margine netto della transazione (Transactional Net Margin Method – “TNMM) per determinare la conformità della remunerazione di NEON al principio di libera concorrenza, confermando che tale remunerazione sarebbe stata conforme all’arm’s lenght principle se la società avesse ottenuto un margine operativo netto rientrante nell’intervallo dal 2% al 5% dei ricavi totali.

Nel 2015, NEON aveva richiesto il rinnovo dell’accordo con il Fisco olandese, che era avvenuto sulla base delle stesse conclusioni del secondo ruling.

Per ciò che attiene, invece, la posizione di CN, l’indagine della Commissione europea si era rivolta a due differenti accordi.

Il primo faceva seguito a una richiesta di CN, il cui obiettivo era verificare il rispetto del principio di libera concorrenza della propria remunerazione. L’Amministrazione fiscale dei Paesi Bassi aveva qualificato le attività di distribuzione di CN come rutinarie rispetto a quelle svolte da AS. Essa aveva utilizzato il TNMM, concludendo che l’ottenimento di un margine operativo netto compreso tra il 2% e il 5% dei ricavi totali fosse conforme all’arm’s lenght principle. Veniva, inoltre, confermato che CN poteva dedurre dal suo reddito imponibile le royalty pagate ad AS per la cessione dei diritti di proprietà intellettuale.

Il secondo accordo, datato 7 settembre 2015, aveva sostituito il primo, prevedendo un adeguamento del livello del margine operativo di CN, sempre sulla base dell’applicazione del TNMM.

Nel 2019, la Commissione europea aveva avviato un’inchiesta su tali tax ruling, in quanto gli stessi avrebbero conferito un vantaggio selettivo alle multinazionali in questione. Tale vantaggio era dato dal fatto che mediante tali ruling l’imposta sulle società, alla quale Nike e Converse, sarebbero state soggette in Olanda, sarebbero state calcolate sulla base di un livello di profitto inferiore a quello che si sarebbe ottenuto applicando le regole di transfer pricing.

In particolare, la Commissione europea aveva contestato il modo in cui l’Amministrazione finanziaria olandese aveva applicato il metodo TNMM nel caso di specie. A parere della Commissione, infatti, sarebbe stato più opportuno prendere in considerazione la situazione finanziaria delle società che avevano concesso le licenze (vale a dire NIL e NI, da una parte, e AS, dall’altra parte) piuttosto che quella delle società concessionarie, cioè le ricorrenti.

Difatti, secondo la Commissione, il TNMM può essere applicato, per una determinata transazione, solo alla parte responsabile delle attività meno complesse. Nel caso di specie, i commissari avevano contestato che le attività delle ricorrenti non potevano essere considerate come attività di distribuzione ordinaria. Esse, infatti, assumevano i rischi maggiori e partecipavano attivamente allo sviluppo dei prodotti per i quali i diritti di proprietà intellettuali erano loro trasferiti. Per tale ragione, il TNMM avrebbe dovuto essere applicato alla luce della situazione finanziaria delle società cedenti.

In secondo luogo, la Commissione aveva dubitato della pertinenza stessa del TNMM. Segnatamente, veniva rilevato che il Fisco olandese non aveva verificato, nel caso concreto, l’esistenza di transazioni comparabili intercorrenti tra imprese terze indipendenti il che, se fosse stato verificato, avrebbe consentito, a parere dei commissari europei, di utilizzare il metodo della comparazione dei prezzi (Comparable Uncontrolled Price method – “CUP). Dai documenti richiesti dalla Commissione alle società ricorrenti, infatti, era emerso che si sarebbero potute individuare transazioni comparabili e che ciò avrebbe portato a un aumento della base imponibile delle società medesime.

Infine, è stato contestato che, pur assumendo come pertinente il metodo TNMM e la sua applicazione al caso di specie, non sarebbe stato opportuno prendere in considerazione, come indicatore del livello di profitto, il margine operativo calcolato sulla base dei ricavi totali delle società.

La pronuncia

Nike e Converse hanno così chiesto al Tribunale dell’Unione europea l’annullamento della decisione della Commissione europea, deducendo i seguenti motivi:

  • violazione dell’obbligo di motivazione;
  • errori manifesti di valutazione circa la selettività delle misure in questione;
  • avvio prematuro del procedimento di indagine formale;
  • violazione dei principi di buona amministrazione e di parità di trattamento.

Il Tribunale ha rigettato integralmente il ricorso. Ciò in quanto, in primo luogo, “la decisione impugnata è provvista di una motivazione chiara e inequivoca, sicché le ricorrenti non possono rimproverare alla Commissione di aver fornito una motivazione lacunosa in merito alla natura individuale delle misure in questione. Pertanto la Commissione non ha disatteso il proprio obbligo di motivazione, data la mancanza di elementi relativi all’esistenza o meno di un regime di aiuti nel caso in esame. Inoltre, la motivazione della decisione impugnata non presenta alcuna contraddizione interna sotto il profilo dell’esame della selettività delle misure in questione”.

Inoltre, i giudici di Lussemburgo, richiamando il proprio orientamento in materia, hanno confermato le prerogative della Commissione esercitate nel caso di specie. In particolare, spetta a questa operare il confronto tra l’utile imponibile del beneficiario di un tax ruling con la situazione che deriverebbe dall’applicazione delle norme impositive ordinarie a un’impresa che si trova in una situazione di fatto comparabile ed esercita le proprie attività in condizioni di libera concorrenza. Pertanto, considerate le difficoltà relative a tale analisi, l’avvio del procedimento di indagine formale non può essere utilmente contestato.

Infine, si legge nella sentenza che la Commissione europea ha svolto la propria valutazione provvisoria delle misure in questione in modo diligente e imparziale, non violando né il principio di buona amministrazione, né tantomeno quello di parità di trattamento.

Ora, Nike e Converse hanno a disposizione due mesi e dieci giorni di tempo, a decorrere dalla data di notifica della sentenza, per impugnare la decisione dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, limitatamente alle questioni di diritto.

Anche se la pronuncia del Tribunale dell’Unione europea in commento ha ad oggetto questioni meramente procedimentali e non prende posizione sulla fattispecie concreta, essa può comunque essere considerata un primo piccolo passo nella lotta della Commissione europea contro i vantaggi fiscali indebiti ottenuti dai gruppi multinazionali.

R.C.


[1] Decisione C (2019) 6 finale della Commissione europea del 10 gennaio 2019, relativa all’aiuto di Stato SA.51284 (2018/NN) (GU 2019, C 226, pag. 31).

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