Trattamento fiscale delle prestazioni erogate da fondi di previdenza complementare comunitari a beneficio di residenti italiani

22 Dicembre 2021

Con la risposta ad interpello n. 794 del 29 novembre 2021, l’Agenzia delle Entrate (“AdE”) ha chiarito il regime impositivo che connota gli emolumenti corrisposti da fondi pensione cd. “transfrontalieri” a beneficio di soggetti residenti in Italia.

L’Istante è un fondo pensione istituito in Belgio su iniziativa della Commissione Europea, che opera a livello cross-border, raccogliendo adesioni su base collettiva in vari paesi dell’Unione. Lo scopo istituzionale del Fondo è quello di facilitare la mobilità di ricercatori dipendenti di aziende aderenti ad un consorzio internazionale attivo nei settori dell’università e della ricerca, affinchè gli iscritti non incorrano in disagi sotto il profilo contributivo nell’eventualità in cui cambino lavoro o si trasferiscano in altri Stati. L’attività dell’Istante è realizzata in Italia in regime di outsourcing, avendo affidato ad una società terza ivi residente l’incarico di erogare una ampia serie di servizi ai propri iscritti (quali, esemplificativamente, la gestione fiscale delle erogazioni e generici adempimenti formali correlati).

Con riferimento all’attività svolta in Italia, l’Istante avanza all’Agenzia delle Entrate due quesiti: i) se, pur non essendo fiscalmente residente in Italia ed in assenza di stabile organizzazione, il Fondo debba assoggettare il risultato netto di gestione all’imposta sostitutiva del 20% prevista dall’art. 17 del d.lgs. 252/2005 (recante la “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”); ii) se, in relazione alle prestazioni rese a beneficio di residenti italiani, esso debba operare come sostituto d’imposta.

Con riferimento al primo quesito, l’AdE illustra come le forme pensionistiche complementari comunitarie – altrimenti dette fondi transfrontalieri o IORP – risultano comunque annoverate nel d.lgs. 252/2005 all’art. 15-ter. La norma prevede che ad esse si applichi la disciplina prevista per le forme pensionistiche complementari italiane in varie materie, tra cui destinatari, finanziamento e prestazioni. Nondimeno, questa norma non richiama il “regime tributario delle forme pensionistiche complementari” di cui all’art. 17. Se ne deve dedurre che l’Istante, in quanto istituito all’estero e privo di stabile organizzazione nel nostro paese, non sia tenuto per le adesioni effettuate in Italia ad assolvere l’imposta sostitutiva del 20% sul risultato netto maturato in ciascun periodo d’imposta.

Per quanto concerne il secondo quesito, le prestazioni erogate agli iscritti italiani ricadono invece nell’operatività del d.lgs. 252/2005, per espressa menzione da parte dell’art. 15-ter. In particolare, la disciplina è contenuta nell’art. 11, c. 6, del medesimo decreto ove si prescrive che “le prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di capitale sono imponibili per il loro ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta. Le prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di rendita sono imponibili per il loro ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e a quelli di cui alla lettera g-quinquies) del comma 1 dell’art. 44 TUIR, se determinabili. Sulla parte imponibile delle prestazioni pensionistiche comunque erogate è operata una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15% ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali”.

L’applicabilità della norma citata alla fattispecie in esame deve essere valutata alla luce delle caratteristiche concrete dell’Istante. Ciò tenendo conto del fatto che questi è un soggetto non residente, privo di stabile organizzazione in Italia.

Al riguardo, i redditi corrisposti dal fondo rientrano in linea di principio tra quelli soggetti a ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 23 del d.P.R. 600/73. Per effetto del rinvio all’art. 87, c. 1, del TUIR (ora art. 73), tra i soggetti che devono operare la ritenuta alla fonte su siffatti emolumenti rientrano anche le società o enti non residenti, quale l’Istante. Sennonché, nonostante il dato normativo, tali soggetti sono esclusi dall’onere di sostituto d’imposta, in ragione della delimitazione territoriale della potestà tributaria dello Stato. In estrema sintesi, gli iscritti italiani che percepiranno – al lordo – gli emolumenti dal Fondo dovranno integralmente indicarli nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui li hanno percepiti.

Ciò ovviamente non preclude all’Istante, su sua libera scelta, di poter operare le ritenute in qualità di sostituto d’imposta. Come infatti è stato affermato nel Principio di Diritto n. 8 del 12 febbraio 2019, l’assenza di un obbligo ad operare la ritenuta non equivale ad una preclusione, potendo la società non residente, priva di stabile organizzazione in Italia, scegliere comunque di applicare la ritenuta alla fonte sui compensi versati a titolo di reddito di lavoro dipendente o autonomo, avendone la facoltà sulla base delle norme richiamate.

La risposta dell’Agenzia appare in linea con quanto ribadito in altri recenti documenti di prassi (vedasi risposte ad interpello nn. 449 e 700/2021, seppur entrambe emesse in materia di ritenute su compensi relativi a prestazioni di lavoro autonomo).

Per completezza, si osserva che, in ragione del fatto che l’Istante non è assoggettato all’imposta sostitutiva di cui all’art. 17, la base imponibile dei redditi percepiti dagli iscritti italiani ingloberà altresì i rendimenti non assoggettati a tassazione in capo al fondo, a differenza di quanto potrebbe avvenire se gli stessi emolumenti fossero corrisposti da un fondo istituito in Italia.

A.P.

cross