Branch exemption: per verificare la presenza di una stabile organizzazione all’estero occorre avere riguardo sia alla Convenzione sia allo Stato estero

1 Febbraio 2022

L’Agenzia delle entrate (“Agenzia”), nella risposta a interpello n. 18 del 12 gennaio 2022, esamina la tematica relativa alla verifica dei requisiti previsti per qualificare un insediamento estero quale “stabile organizzazione” (“S.O.”) ai fini del regime di c.d. “branch exemption” (“Bex”) di cui all’art. 168-ter del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi – “TUIR”).

L’istante è una società italiana che svolge l’attività di produzione di apparecchiature elettriche ed elettroniche per il mercato italiano e internazionale (“Istante”). L’Istante intende partecipare a una gara d’appalto indetta da una società estera che gestisce la distribuzione dell’energia elettrica e dell’acqua nel proprio Paese di residenza (“Committente”). Tra le condizioni di partecipazione alla gara, si richiede la costituzione di una S.O. nel predetto Paese estero. Peraltro, la costituzione di una S.O. presenta una valenza strategica anche per espandere l’attività della stessa Istante.

Il progetto si suddivide in tre fasi, stabilite dal contratto concluso con la Committente: la prima fase di misura di cavi ad alta tensione; la seconda fase di monitoraggio continuo di scariche parziali su altri cavi di alta tensione, a seguito dell’istallazione della strumentazione dell’Istante; la terza fase di formazione del personale della Committente.

Infine, l’Istante riferisce di aver concluso un contratto della durata di tredici mesi per la locazione dell’immobile che costituisce la sede d’affari della propria struttura estera.

Ciò posto, l’Istante chiede all’Agenzia di confermare che l’insediamento estero sopra descritto configuri una S.O. ai fini dell’esercizio dell’opzione per la Bex.

L’Agenzia, nel rispondere positivamente al quesito posto dall’Istante, rileva preliminarmente che il paragrafo 2.4 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 28 agosto 2017, n. 165138 (“Provvedimento”) – recante la definizione delle modalità applicative del regime ex art. 168-ter del TUIR – stabilisce che “[l]’opzione è efficace a condizione che sia configurabile una stabile organizzazione nello Stato estero di localizzazione ai sensi della Convenzione contro le doppie imposizioni tra quest’ultimo e l’Italia, ove in vigore, ovvero, in mancanza di una Convenzione, dei criteri di configurazione della stabile organizzazione dettati dall’articolo 162 del TUIR, a meno che, in ogni caso, lo Stato estero non ravvisi l’esistenza di una stabile organizzazione ai sensi della sua legislazione domestica”.

Nel caso di specie, la Convenzione in vigore tra l’Italia e il Paese di residenza della Committente ricalca sostanzialmente quella del Modello OCSE, i cui presupposti fondamentali, letti anche alla luce del Commentario all’art. 5, sono i) l’esistenza di una sede fissa d’affari; ii) la fissità spaziale e temporale della sede d’affari; e iii) lo svolgimento dell'attività d'impresa della casa madre in tutto o in parte per mezzo della sede fissa d'affari.

Con riferimento al requisito sub i), l’Agenzia evidenzia che l’Istante ha prodotto il contratto di locazione dell’immobile come sede d’affari della struttura estera e di un magazzino per il deposito della strumentazione.

Per quanto riguarda il requisito sub ii), l’Agenzia osserva che il contratto di locazione della sede d’affari ha una durata di tredici mesi. Ciò vale a dimostrare la presenza stabile anche dal punto di vista temporale.

Circa il requisito sub iii), l’Agenzia rileva quanto segue. Per essere qualificato come S.O., l’insediamento estero non deve porre in essere alcuna delle attività previste nel paragrafo 3 della Convenzione (c.d. “attività ausiliarie”). Nella fattispecie in esame tale requisito è riscontrato. Infatti, le attività della S.O. “non sono riducibili solamente al deposito o all'immagazzinamento della merce né, in generale, ad attività con carattere ausiliario o preparatorio, ma sono parte integrante dell'attività imprenditoriale di casa madre”.

Infine, l’Agenzia conferma che l’applicazione della Bex risulta comunque subordinata al riconoscimento dell’esistenza della S.O. da parte dell’Amministrazione estera. Ciò anche in presenza di una Convenzione contro le doppie imposizioni. La branch exemption è infatti un istituto finalizzato a eliminare la doppia imposizione mediante il meccanismo dell’esenzione, in deroga alla regola generale, applicata dall’Italia, che prevede il meccanismo del credito d’imposta. Coerentemente, la Bex può operare solamente laddove l’esistenza di una S.O. sia riconosciuta dallo Stato estero.

Tale conclusione chiarisce un’ambiguità insita nel par. 2.4. del Provvedimento. Sotto il profilo letterale, tale norma sembrava richiedere, ai fini della Bex, che l’esistenza di una S.O. risultasse o a) sulla base della Convenzione, oppure b) in base al riconoscimento dello Stato estero. I due requisiti, dunque, apparivano formulati in via alternativa. In altre parole, il par. 2.4 citato sembrerebbe chiarire, da un lato, che l’integrazione dei requisiti della S.O. in base alla Convenzione permetterebbe l’accesso alla Bex anche in assenza del riconoscimento della S.O. da parte dello Stato estero; e dall’altro lato, che il riconoscimento da parte dello Stato estero di una S.O. parrebbe permettere l’applicazione della Bexanche in caso di mancata integrazione dei requisiti per la configurazione di una S.O. ai sensi della Convenzione.

La risposta a interpello in commento, invece, sembra affermare che i due requisiti debbano operare congiuntamente.

Infatti, l’Agenzia, pur avendo accertato il rispetto dei requisiti della Convenzione, richiede, ai fini della Bex, anche al riconoscimento da parte dello Stato estero. Si tratta di una conclusione assolutamente ragionevole. La necessità del riconoscimento estero consegue, difatti, dalla necessità di evitare la doppia non-imposizione, come anche previsto dal par. 12 del Provvedimento.

Argomentando a contrariis, sembra di poter concludere che l’esistenza di una S.O. in base alla Convenzione rappresenti comunque un prerequisito necessario per accedere alla Bex. Ciò anche laddove lo Stato estero riconosca l’esistenza di una S.O..

Tale conclusione, come evidenziato in dottrina, troverebbe peraltro indiretta conferma nel par. 2.5 del Provvedimento. Tale disposizione afferma che “se lo Stato estero accerta l’esistenza di una stabile organizzazione, il contribuente può esercitare l’opzione per l’esenzione degli utili e delle perdite attribuibile alla stessa (…) purché, oltre alla configurazione nello Stato estero, ricorrano le ulteriori condizioni di cui al punto 2.4”. La sussistenza di una S.O secondo lo Stato estero non è, dunque, condizione sufficiente per l’applicazione del regime Bex (dal momento che viene, per l’appunto, richiesta in ogni caso la sussistenza dei requisiti di cui al precedente par. 2.4). Per completezza, tale conclusione troverebbe conferma anche nella prassi dell’Agenzia in tema di credito d’imposta. È infatti consolidato l’orientamento dell’Agenzia per cui secondo cui il credito di imposta è concesso solo se la S.O. è riconosciuta anche ex art. 162 del TUIR o in base alle disposizioni della Convenzione.

F.N. – R.C.

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