È discriminatoria la tassazione dei dividendi in uscita fondata solo sulla residenza del fondo di investimento percettore

Con sentenza del 17 marzo 2022, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (“CGUE”) ha riaffermato il principio secondo cui le normative nazionali che riservano un trattamento fiscale di sfavore ai danni dei fondi di investimento esteri percettori di dividendi violano la libertà di circolazione dei capitali. In particolare, è contraria all’art. 63 TFUE la normativa di uno Stato membro che impone l’applicazione di una ritenuta sui dividendi in uscita solo in ragione della residenza del fondo percettore.

La pronuncia prende le mosse dal ricorso proposto da un organismo di investimento collettivo (OIC) residente in Germania, con cui si contestava che la normativa portoghese nel prevedere l’applicazione della ritenuta al 25% solo sui dividendi corrisposti a soggetti non residenti e non anche ai soggetti con sede in Portogallo, determinasse una illegittima restrizione alla libera circolazione dei capitali incompatibile con il diritto dell’Unione.

La CGUE, interrogata sulla conformità tra l’ordinamento portoghese e l’art. 63 TFUE, ha affermato che la previsione dell’esenzione nei confronti dei soli soggetti residenti determina di per sé una restrizione al principio di libera circolazione, in quanto è idonea a dissuadere da un lato gli OIC non residenti dall’effettuare investimenti in società site in Portogallo e dall’altro a disincentivare gli investitori nazionali dall’acquistare quote in tali OIC. Tale disciplina nazionale per essere ammissibile deve essere supportata da particolari ragioni giustificatrici.

L’art. 65 TFUE, infatti, consentendo agli Stati membri di applicare norme nazionali che prevedono una distinzione tra contribuenti fondata sulla residenza, costituisce una deroga al principio fondamentale della libertà di circolazione, e deve essere oggetto di interpretazione restrittiva. In particolare, tale distinzione deve riguardare “situazioni che non siano oggettivamente paragonabili” ovvero deve “essere giustificata da un motivo di interesse generale”.

Nel caso di specie, la CGUE ha escluso l’esistenza di entrambe le ragioni.

I giudici comunitari, da un lato, hanno escluso la tesi dell’Amministrazione portoghese secondo cui la soggezione dei soggetti residenti in Portogallo all’imposta di bollo e dei soggetti non residenti alla ritenuta alla fonte sui dividendi, fosse idonea a determinare una situazione oggettivamente imparagonabile. In primis, l’imposta di bollo ha natura patrimoniale ed i soggetti residenti potrebbero sottrarsi alla suddetta imposta provvedendo ad una distribuzione immediata dei dividendi percepiti. Inoltre, la Corte sottolinea che il vero criterio discretivo cui si riferisce la normativa portoghese è dato dal luogo di residenza dei percettori di dividendi e ciò non permette un accertamento effettivo tra gli OIC residenti e non residenti.

Secondo la CGUE è altresì carente il motivo di interesse generale idoneo a fondare il diverso trattamento fiscale avanzato dall’Amministrazione portoghese e cioè la necessità di preservare la coerenza del regime fiscale nazionale e garantire una ripartizione equilibrata della potestà impositiva tra gli Stati membri.

Affinché la necessità di preservare la coerenza del regime fiscale possa giustificare una normativa idonea a restringere l’esercizio di una libertà comunitaria, dovrebbe sussistere “una connessione diretta tra beneficio fiscale di cui trattasi (l’esenzione) e la compensazione di tale beneficio tramite una determinata imposizione fiscale” che nel caso di specie non esiste. L’esenzione della ritenuta sui dividendi a favore degli OIC opera ex sé per il solo fatto della residenza, e non è invece condizionata al fatto che i dividendi vengano redistribuiti ovvero che il loro assoggettamento a imposta a carico dei detentori delle quote permetta di compensare l’esenzione della ritenuta alla fonte.

Infine, la Corte afferma che il diverso trattamento fiscale tra OIC residenti e non residenti non può essere nemmeno motivato dalla necessità di garantire l’equilibrata ripartizione impositiva tra il Portogallo e la Germania; ciò in quanto l’ordinamento portoghese ha scelto di non assoggettare ad imposta gli OIC residenti percettori di dividendi nazionali e pertanto non può invocare la necessità impositiva al solo fine di giustificare l’assoggettamento ad imposizione dei dividendi percepiti da OIC non residenti.

La sentenza in commento si pone in linea di continuità con l’orientamento consolidato[1] che taccia di contrarietà al diritto comunitario la discriminazione fiscale sui dividendi in ragione della residenza del percettore e consente di operare delle riflessioni rispetto alla normativa interna. Come noto, infatti, anche l’ordinamento italiano prevedeva in origine un trattamento deteriore sulla tassazione in uscita dei dividendi corrisposti a soggetti non residenti in Italia, in quanto tali dividendi rimanevano assoggettati alla ritenuta del 26% al contrario dei dividendi nazionali che beneficiano dell’esenzione da imposta.

Con la L. 178/2020 (c.d. legge di bilancio 2021), il legislatore ha esteso l’esenzione da ritenuta anche ai dividendi distribuiti a fondi di investimento non residenti dal 1° gennaio 2021 a condizione che si tratti di: OICR di diritto estero conformi alla direttiva 2009/65/CE (“Direttiva OICVM”) ovvero di OICR non conformi a tale direttiva ma il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale il fondo è istituto ai sensi della direttiva 2011/61/UE (“Direttiva GEFIA”) e che tali fondi siano istituiti   negli   Stati  membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti allo spazio economico europeo e che consentano un adeguato scambio di informazioni.

Resta dubbio se possa, invece, considerarsi ancora legittima, alla luce della dimensione Extra UE della libertà di circolazione dei capitali, la soggezione a ritenuta dei dividendi distribuiti da società italiane a OICR Extra UE che operano a condizioni equivalenti ai fondi stabiliti all’interno dell’Unione europea e che sono residenti in Stati che garantiscono un adeguato scambio di informazioni con l’Italia.

G.G.


[1] Ex multis: CGUE C-190 del 2012

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