Indeducibilità dei Costi blacklist: anche la Russia entra nella lista

16 Febbraio 2023
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Con la decisione del 14 febbraio 2023 il Consiglio dell’UE ha provveduto ad aggiornare la lista delle giurisdizioni non cooperative ai fini fiscali, la cd. blacklist, inserendovi, tra le altre, la Russia. Ciò in ragione del mancato rispetto da parte della Russia dell'impegno a modificare il regime speciale per le holding internazionali. Ogni dialogo sul punto si è peraltro interrotto a causa del conflitto ucraino.

In ragione di ciò, la Russia è ora ricompresa tra gli Stati cui si applica la disciplina in tema di indeducibilità dei componenti negativi di redditi rinvenienti da operazioni intercorse con soggetti non residenti ex art. 110, c. 9-bis del TUIR (recentemente aggiunto dall'art. 1, comma 84, L. 29.12.2022, n. 197; “Legge di Bilancio 2023”).

In base a tale norma, sono infatti, i costi derivanti da operazioni con soggetti residenti in giurisdizioni ricomprese nell’elenco delle giurisdizioni non collaborative ai fini fiscali “sono ammessi in deduzione nei limiti del loro valore normale, determinato ai sensi dell'articolo 9 [del TUIR]”. Tale disciplina non si applica laddove:

  • le imprese residenti in Italia forniscono la prova che le operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione, ovvero;
  • al soggetto non residente sia applicabile la disciplina delle controlled foreign companies di cui all’art. 167 del TUIR.

Delle operazioni in esame occorre dar conto in dichiarazione tramite la “segregazione” di tali costi in un apposito prospetto.

La novella spiega la propria efficacia dal 1° gennaio 2023 ma, dovendosi determinare il relativo perimento applicativo in base alla lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali, la norma dovrebbe essere applicata ai componenti negativi di redditi “di fonte” russa a far data dall’aggiornamento della blacklist, ovvero dal 14 febbraio 2023.

Occorrerebbe in ogni caso interrogarsi in merito all’interazione tra tale disciplina e la cd. “Clausola di non discriminazione” della Convenzione vigente tra Italia e Russia. In particolare, il comma 3 dell’art. 25 di tale Convenzione prevede che le “spese pagat[e] da un’impresa di uno Stato contraente ad un residente dell’altro Stato contraente sono deducibili ai fini della determinazione degli utili imponibili di detta impresa, nelle stesse condizioni in cui sarebbero deducibili se fossero pagate ad un residente del primo Stato”. Appare evidente il contrasto tra la norma domestica sulla deducibilità dei componenti negativi di reddito e la disciplina convenzionale vigente laddove quest’ultima impone simmetria tra le condizioni di deducibilità delle spese sostenute a favore di soggetti esteri rispetto a quelle previste per lo scomputo dei medesimi componenti reddituali erogati a soggetti residenti.

In virtù della prevalenza delle norme convenzionali rispetto a quelle domestiche recata dall’art. 169 del TUIR[1], si potrebbe dunque inferire che la disposizione introdotta dalla Legge di Bilancio 2023 non possa trovare applicazione rispetto ai componenti negativi rinvenienti da operazioni compiute con soggetti russi.

Nondimeno occorre considerare quanto disposto dal paragrafo d) del protocollo aggiuntivo alla Convenzione Italia – Russia, ai sensi del quale “con riferimento all’art. 25, le disposizioni del presente articolo non pregiudicano l’applicazione delle disposizioni interne per prevenire l’elusione e l’evasione fiscale”.

In questo senso, allora, si dovrebbe rilevare un limite all’applicazione delle norme convenzionali ogniqualvolta le stesse siano derogate da disposizioni domestiche tese ad intercettare fenomeni di elusione ed evasione fiscale, tra le quali sembra da ascrivere la novella in commento.

Tale impostazione risulta avvalorata da un recente arresto della giurisprudenza di legittimità[2] avente ad oggetto la compatibilità della previgente normativa in tema di deducibilità dei costi blacklist rispetto alla analoga cd. “Clausola di non discriminazione” contenuta nella Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra Italia e Svizzera. In tale sede, la Corte di Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: “In materia di indeducibilità, salvo prova contraria, delle spese derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati non appartenenti all'Unione Europea aventi regimi fiscali privilegiati, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 110, commi 10 ed 11, vigente ratione temporis, non è in contrasto con l'art. 25,p. 3, Convenzione Italia-Svizzera contro le doppie imposizioni [il cui dettato ricalca quello recato dalla Convenzione Italia – Russia], interpretato secondo il principio generale di buona fede di cui all'art. 31 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati ed in conformità al Commentario OCSE al relativo modello convenzionale”.

In conclusione, l’applicabilità della “rediviva” disciplina della limitata deducibilità dei costi blacklist non dovrebbe poter essere sterilizzata dalla clausola di non discriminazione recata dall’art. 25, par. 3 della Convenzione Italia – Russia in punto di deducibilità dei componenti negativi di reddito.

G.P.


[1]Ai sensi del quale “[l]e disposizioni del presente testo unico si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione”.

[2] Cass. civ., Sez. V, Sent., 17/06/2022, n. 19722

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