Esenzione dall’imposta di donazione ai trasferimenti di quote sociali: quando si applica?

L’art. 3, c. 4-ter, del TUS[1]prevede l’esenzione dall’imposta di successione e donazione (“ISD”), in caso di trasferimento, effettuato anche mediante patti di famiglia, di aziende o rami di azienda ovvero di partecipazioni sociali a favore dei discendenti o del coniuge del donante/disponente.  L’esenzione è subordinata alla condizione che siano trasferite partecipazioni tali da permettere agli aventi causa di acquisire o integrare il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, ovvero a condizione che i beneficiari proseguano l’esercizio dell’attività di impresa, rendendo apposita dichiarazione in tal senso. Se si tratta di trasferimenti inter vivos, inoltre, l’atto deve essere registrato gratuitamente[2].

La norma è stata introdotta con L. 296/2006, al fine di ottemperare alle Raccomandazioni della Commissione UE del 1994, volte ad arginare le “difficoltà insormontabili” inerenti i passaggi generazionali nell’impresa che nel tempo hanno condotto migliaia di imprese a cessare la loro attività, garantendo così la “sopravvivenza delle imprese e il mantenimento dei posti di lavoro”.

In ordine al trasferimento di quote sociali o di azioni, dunque, per beneficiare dell’esenzione devono essere integrati i seguenti requisiti:

  • Il controllo ai sensi dell’art. 2359, c. 1, n. 1 c.c. per un periodo non inferiore a cinque anni (“holding period”); rileva a tal fine, la “maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria” (50,1% del capitale sociale);
  • Ovvero, il proseguimento dell’esercizio dell’attività di impresa da parte dei beneficiari, sempre per un periodo non inferiore a cinque anni.

Molteplici sono stati gli interventi di prassi che hanno delimitato l’ambito applicativo della disposizione in esame, sia con riferimento alla nozione di attività di impresa rilevante che con riferimento a quella di controllo.

L’art. 3, c. 4-ter, TUS prevede che l’esenzione sia subordinata a “il proseguimento dell’esercizio dell’attività d’impresa” ad opera dei beneficiari. Secondo l’Amministrazione finanziaria[3], l’esenzione può applicarsi esclusivamente quando sia trasferita “l’azienda” di famiglia, intesa quale realtà imprenditoriale produttiva e meritevole di essere tutelata nella fase del passaggio generazionale. Di contro, quindi, in assenza di una azienda l’esenzione dall’imposta di donazione non può operare e ciò nemmeno quando venga trasferito il 100% di holding che controlla la società operativa..

Tale conclusione, secondo l’AdE, troverebbe conferma nelle indicazioni fornite dalla Corte Costituzionale del 23 giugno 2020, n. 120. In via di estrema semplificazione, in tale sentenza, la Corte Costituzionale ha chiarito che la ratio dell’esenzione risiede nell’esigenza di salvaguardare i livelli occupazionali connessi all’azienda trasferita.

Del medesimo avviso, è anche la Suprema Corte di Cassazione, che da ultimo con sentenza n. 6082/2023, ha affermato che l’esenzione dall’imposta di donazione e successione seppur volta ad agevolare i passaggi generazionali, non deve essere intesa quale misura agevolativa per i familiari dell’imprenditore, ma è volta al mantenimento dell’integrità dell’impresa. Con la conseguenza che: “l’agevolazione va applicata a tutti i trasferimenti di partecipazioni in società di capitali che consentono all’avente causa di acquisire o integrare il controllo di una società che svolge effettivamente un’attività d’impresa, poiché solo a questa condizione il trasferimento del controllo di una società può ritenersi equivalente al trasferimento di un’azienda, e l’agevolazione apprezzabile in una prospettiva di salvaguardia dei livelli occupazionali”.

Con riferimento al requisito del controllo, è stato chiarito che questo debba determinarsi anche prendendo in considerazione le quote di cui il beneficiario dell’operazione di trasferimento sia “indirettamente” titolare. In tal caso, si dispone di una partecipazione di controllo quando un soggetto controlla una società la quale a sua volta abbia partecipazioni in una terza società; in altri termini, è necessario che il beneficiario abbia il controllo della società “intermedia”. Il requisito in esame può dirsi integrato anche quando la quota di partecipazione dalla quale suddetto controllo discende è oggetto di trasferimento a favore di una pluralità di soggetti in comunione a condizione che i diritti dei comproprietari siano esercitati da un rappresentante comune che disponga dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria[4].

Sempre con riferimento al requisito del controllo, interessanti sono le indicazioni contenute nella recente risposta n. 185/2023. In tale risposta è stato precisato che, ai fini dell’esenzione, è necessario non soltanto che gli aventi causa del trasferimento acquisiscano la maggioranza dei diritti di voto, ma anche che l’acquisizione attribuisca agli stessi un effettivo potere di controllo tale da “influire in modo diretto e immediato sull’attività sociale, indirizzandone la gestione e le decisioni aziendali”. In ragione di ciò, nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate ha escluso la configurabilità dell’esenzione, ritenendo che, con l’atto di donazione fosse trasferito il “mero controllo” ma non anche il controllo effettivo dal momento che nello statuto erano previste clausole limitative di taluni diritti amministrativi dei beneficiari (soci accomandanti).

In dottrina, tale affermazione è stata oggetto di critiche dal momento che l’art. 2359, c. 1, n. 1, del codice civile nel dettare la disciplina del controllo di diritto fa esclusivo riferimento al possesso della maggioranza dei voti detenuti dal socio in assemblea, senza alcuna menzione al fatto che l’esercizio di suddetto controllo sia limitato da eventuali clausole statutarie ovvero al fatto che siano previsti poteri di amministrazione.[5]

A tale riguardo, è stato altresì evidenziato che la stessa Amministrazione finanziaria[6] ai fini dell’opzione per il consolidato fiscale, ha attribuito rilievo alla detenzione di più del 50% dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria, senza dare rilievo al fatto che tali poteri essere eventualmente compressi per via di particolari clausole statutarie e/o accordi parasociali. Del resto, quando il legislatore civilistico ha inteso valorizzare circostanze ulteriori rispetto al mero controllo, lo ha fatto espressamente come nella disciplina dell’attività di direzione e coordinamento di società ex art. 2497-sexies c.c..

La medesima conclusione, secondo la dottrina citata, dovrebbe valere anche con riferimento all’esenzione in esame.

Tuttavia, alcune criticità potrebbero porsi nell’applicare le affermazioni dell’Agenzia delle Entrate sul consolidato all’esenzione relativa ai passaggi generazionali. Mentre, infatti, per il consolidato fiscale la “posizione di controllo” è funzionale all’individuazione del soggetto cui attribuire il reddito del consolidato; l’esenzione di cui all’art. 3, c. 4-ter, TUS è volta ad agevolare i passaggi generazionali e garantire la continuità aziendale. Se questa è la premessa, perché possa operare l’esenzione dovrebbe determinarsi un effettivo passaggio del controllo tra i danti causa e i beneficiari del trasferimento delle partecipazioni.

Occorre, inoltre, tener conto del fatto che l’esenzione, in discorso, come  chiarito dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza 23 giugno 2020, n. 120, come l’esenzione in esame mira ad “agevolare – attraverso l’eliminazione dell’onere fiscale correlato al trasferimento per successione o donazione – la continuità generazionale dell’impresa nell’ambito dei discendenti nella famiglia in occasione della successione mortis causa, rispetto alla quale il trasferimento a seguito di donazione può rappresentare una vicenda sostanzialmente anticipatoria”. Secondo la Corte Costituzionale “L’agevolazione in esame, tuttavia, non è destinata direttamente all’impresa ma ad agevolarne la continuità a favore dei discendenti nel momento del passaggio generazionale”.

Peraltro la Corte Costituzionale, in relazione alla normativa in esame, si ravvisa una “improprietà lessicale nella stesura della disposizione normativa”. Nella medesima sentenza, peraltro, la Corte Costituzionale (seppur con riferimento ad altri profili) evidenzia la necessità di dare un’applicazione quantomai ristretta del perimetro applicativo dell’esenzione in esame.

Tali considerazioni potrebbero deporre a favore della posizione dell’Agenzia delle Entrate, nel momento in cui questa, interpretando estensivamente la norma in esame, richiede il trasferimento effettivo del controllo. Si tratta di un’interpretazione coerente con l’esigenza di applicare l’esenzione in esame solamente ai passaggi generazionali effettivi.

G.G.


[1] Dlgs. n. 346/1990

[2] Art. 55, c. 2, TUS

[3] Risp. interpello n. 552 del 2021

[4] Circ. n. 3/E del 2008; Ris. n. 75/E del 2010

[5] M. Bono, A. Mauro “Donazione della quota degli accomandanti non esente anche se pari all’85”, Eutekne, 2 febbraio 2023; F. Maisto, W. Criminisi, “Passaggi generazionali al test della residenza”, Il sole 24 ore, 9 marzo 2023

[6] Ris. n. 245/2009; Risp. interpello n. 301/2022

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