Pillar 2: partecipazioni di minoranza e investimenti di terzi nel gruppo

19 Settembre 2023
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La Direttiva UE 2022/2523 (la “Direttiva”) recepisce in ambito Europeo del cd. “Pillar 2” contenuto nelle  Global anti-base erosion rules (GloBE rules)[1] elaborate in ambito OCSE.

Come noto, il Pillar 2 prevede, nell’ambito di un gruppo multinazionale, per le società del gruppo con livello di tassazione effettiva inferiore al 15%, un sistema di tassazione compensativo in capo alla controllante (c.d. Income Inclusion Rule o IIR). Ciò nella misura necessaria a raggiungere la predetta soglia del 15%. Il Pillar 2 trova applicazione, con alcune esclusioni, con riferimento ai gruppi aventi un fatturato consolidato pari almeno a 750 mln di Euro[2].

L’imposta compensativa di cui al Pillar 2 trova applicazione in proporzione alle partecipazioni detenute dalla holding di ultimo livello (UPE) nel gruppo. Normalmente i gruppi multinazionali sono interamente controllati dalla UPE. Dunque, l’imposta compensativa troverà applicazione, in capo alla UPE, con riferimento a tutti i redditi prodotti dalle controllate.

Nella pratica si verificano tuttavia di frequente casi di partecipazioni di minoranza. La questione può essere vista da due angolazioni. Infatti, con tale espressione si possono intendere:

  • Sia il caso in cui terzi investano nel gruppo con una partecipazione di minoranza;
  • Sia, specularmente, i casi in cui la UPE, direttamente o indirettamente, detiene una partecipazione non maggioritaria in una società.

Investimento di terzi nel gruppo con una partecipazione di minoranza

Al riguardo, è possibile distinguere le seguenti ipotesi:

  1. Partecipazioni inferiori al 20%;
  2. Partecipazioni superiori al 20%.

Nel caso sub 1, non vi è una disciplina specifica. Sulla base di ciò, argomentando a contrariis, è possibile concludere che sino al 20% le partecipazioni di minoranza non rilevano ai fini del Pillar 2. In altre parole, il sistema di imposizione compensativa opererà solo con riferimento al socio di maggioranza. L’imposta compensativa corrispondente alla quota di minoranza non verrà riscossa.

Diverso è il caso sub 2 delle partecipazioni superiori al 20%. La questione è esaminata dall’art. 8 della Direttiva. Si tratta della fattispecie nota come “entità controllante parzialmente partecipata” (o “POPE”, acronimo di “partially owned parent entity”). Il prelievo dell’imposta sostitutiva avverrà a livello della subholding partecipata dal socio di minoranza. Ciò significa che, pur in assenza di un prelievo diretto in capo al socio di minoranza, di fatto la Direttiva garantisce il prelievo dell’imposta sostitutiva al livello della POPE. L’imposta dovuta dalla POPE verrà “scontata” da quella eventualmente dovuta in capo al socio di maggioranza.

Detenzione da parte della UPE di partecipazioni di minoranza

In relazione a tale fattispecie occorre distinguere le seguenti diverse ipotesi:

  • Il gruppo detiene una quota maggiore dell’80% nella partecipata;
  • Il gruppo detiene una quota minore dell’80%, ma maggiore del 30% nella partecipata;
  • Il gruppo detiene una quota minore o uguale al 30% nella partecipata.

Un caso particolare è poi rappresentato dalle joint venture in società che non rientrano nel perimetro di consolidamento in base ai principi contabili rilevanti.

La prima ipotesi è speculare alla prima ipotesi esaminata nel precedente paragrafo. La tassazione compensativa non colpirà tale partecipazione.

La seconda ipotesi è speculare alla seconda ipotesi esaminata nel precedente paragrafo. La tassazione compensativa avverrà al livello della POPE.

La terza ipotesi è esaminata dall’art. 31 della Direttiva. La fattispecie in esame si riscontra nei casi in cui, nonostante la partecipazione sia inferiore al 30%, sussistano in ogni caso i presupposti per il consolidamento. In tal caso, le partecipazioni di minoranza detenute saranno conteggiate per la soglia dei 750 mln di Euro e per l’ETR Test. Tuttavia il reddito non verrà imputato alla UPE. In tali ipotesi peraltro la società controllata in cui la UPE detiene la partecipazione di minoranza potrà essere qualificato come POPE. Di conseguenza, l’imposta compensativa potrà essere prelevata a livello della POPE.

Vi è infine il caso delle joint venture. Con ciò si intendono le partecipazioni pari o superiori al 50%, non oggetto di consolidamento. La questione è disciplinata dall’art. 36 della Direttiva. In tal caso, i ricavi della joint venture non verranno conteggiati dalla UPE al fine della verifica della soglia di ricavi minima di 750 mln di Euro. Tuttavia, una volta accertato in capo alla UPE il superamento di tale soglia, i redditi della joint venture verranno imputati alla UPE.

F.N.


[1] OCSE (2021), Tax Challenges Arising from the Digitalisation of the Economy - Global Anti-Base Erosion Model Rules (Pillar Two): Inclusive Framework on BEPS, OCSE, Parigi.

[2] Non tutto il reddito della controllata estera è interessato dalla disciplina in questione. Il Pillar 2 trova applicazione infatti solo sulla quota di reddito che eccede una determinata soglia determinata applicando una certa quota percentuale a determinati valori di bilancio (costi del personale e asset immateriali). Tale carve out è denominato “Substance-based Income Exclusion” o “SBIE. La ratio dello SBIE è quello di assoggettare a prelievo compensativo solo i redditi relativi alle attività artificialmente distorte e convogliate in una giurisdizione a bassa fiscalità (“LTJ”). Resta invece fermo il diritto della LTJ di tassare secondo le proprie regole ordinarie le attività effettive svolte nel proprio territorio.

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