Cooperative compliance facoltativa: nodo penale degli elementi passivi fittizi

27 Novembre 2023

I contribuenti che non hanno i requisiti per poter accedere al regime della cooperative compliance (quindi contribuenti con volume d’affari o ricavi inferiori a 750 milioni di euro per il 2024), possono optare per due anni per l’adozione di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, dandone comunicazione all’Agenzia delle Entrate.

L’opzione ha effetto dall’inizio del periodo di imposta in cui è esercitata, ha una durata di due periodi d’imposta ed è irrevocabile.

Al termine di tale periodo, l’opzione si intende tacitamente rinnovata per altri due periodi d’imposta, salvo espressa revoca da esercitare secondo le modalità e i termini previsti per la comunicazione dell’opzione.

I benefici premiali connessi all’esercizio dell’opzione sono:

- la riduzione a 1/3 delle sanzioni amministrative in materia tributaria per le violazioni relative a rischi di natura fiscale comunicati preventivamente con interpello prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali o prima del decorso delle relative scadenze fiscali;

- la configurazione di una causa di non punibilità per il reato di cui all’art. 4, D.Lgs. n. 74/2000 per le violazioni di norme tributarie dipendenti da rischi fiscali relativi ai soli elementi attivi sottratti ad imposizione, nel caso in cui la relativa fattispecie concreta e personale sia stata comunicata all’Agenzia delle Entrate mediante istanza di interpello.

Si tratta di una misura che merita di essere salutata con favore nei limiti in cui esprime l’ambizione ad estendere il regime di cooperative compliance alla più amplia platea di soggetti possibile.

Non mancano tuttavia alcune criticità che potrebbero pregiudicarne l’appetibilità per i contribuenti.

In primo luogo, la riduzione delle sanzioni ad un terzo, per effetto di interpello è eccessivamente contenuta, se confrontata con le altre alternative a disposizione del contribuente, grazie ai vari istituti deflativi.

Si tenga inoltre presente che quando un contribuente non concorda con l’output di un interpello ha la facoltà di versare l’imposta dovuta e chiedere l’importo a rimborso, coltivando il successivo contenzioso avverso il diniego. In tale ipotesi, nessuna sanzione è dovuta. Se confrontata con tale strategia, l’attrattività della misura appare limitata.

Tenuto conto di ciò i vantaggi della misura andrebbero ripensati.

Anche rispetto alle misure in materia penale, sorgono alcune perplessità. Coerentemente con la disciplina generale in tema di cooperative compliance, lo “scudo penale” opera solo con riferimento alle fattispecie relative agli elementi attivi. Vi sono tuttavia fattispecie di natura non fraudolenta come, ad esempio, le contestazioni di inerenza, che meriterebbero di godere della medesima protezione. Un argomento a favore di tale conclusione potrebbe forse essere rinvenuto nella relazione illustrativa ove si fa riferimento al fatto che “la causa di non punibilità non è riconosciuta per violazioni dipendenti da rischi di natura fiscale relativi ad elementi passivi inesistenti”. Tale inciso potrebbe essere ritenuto come l’espressione della volontà del legislatore di estendere la protezione penale anche agli elementi passivi, purchè non si tratti di elementi passivi fittizi o inesistenti (o generati da condotte fraudolente). Sarebbe opportuno un chiarimento sul punto quanto prima.

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