Obbligazioni convertibili: il meccanismo di recapture nel caso di mancato esercizio dei diritti di conversione

In sede di risposta a interpello n. 303 del 21 aprile 2023, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito gli effetti del meccanismo di recapture, in caso di mancato esercizio dei diritti di conversione, chiarendone la qualificazione giuridica. Come noto, infatti, i prestiti obbligazionari convertibili vengono emanati ad un tasso inferiore a quello di mercato (proprio perchè incorporano l’opzione di conversione). Ciò comporta, in base al metodo del costo ammortizzato (MCA), l’iscrizione del debito ad un valore inferiore e la contabilizzazione di interessi figurativi in misura pari alla differenza rispetto al tasso di mercato. A fronte di tale differenza l’emittente rileva una riserva di equity. In linea di principio i maggiori interessi figurativi dedotti assumono rilievo fiscale.

Il legislatore ha previsto un meccanismo particolare in caso di mancato esercizio dell’opzione di conversione, prevedendo la tassazione della riserva di equity in misura corrispondente ai maggiori interessi figurativi dedotti.

Da sempre si è posto il problema di qualificare giuridicamente il componente in questione.

In dottrina sono state sollevate, in estrema sintesi, tre soluzioni.

Secondo una prima teoria, in caso di recapture andrebbero ripresi a tassazione tutti gli interessi passivi figurativi contabilizzati. Ciò, a prescindere dal fatto che tali interessi siano stati in concreto dedotti o portati a nuovo. Verrebbe in altre parole ripreso a tassazione l’intero importo imputato ad equity.

In base ad una seconda impostazione, la ratio della recapture sarebbe semplicemente quella di sterilizzare le componenti negative oggetto di effettiva deduzione. In base a tale impostazione, la mancata conversione genererebbe dunque una sopravvenienza attiva fiscalmente, operante solo nei limiti degli interessi effettivamente dedotti. Il fine della norma sarebbe, in base a tale impostazione: (i) una cancellazione ex tunc delle deduzioni già avvenute; (ii) la rimodulazione delle eccedenze di ROL con riferimento agli interessi oggetto di recapture e non ancora dedotti.

Con riferimento agli interessi già dedotti occorrerebbe effettuare una variazione in aumento. Per i restanti interessi oggetto di recapture, ma non dedotti, sarebbe sufficiente rettificare l'importo delle eccedenze di interessi passivi, in modo da impedire che si possa verificare una loro eventuale deduzione in futuro.

La terza soluzione interpretativa consiste nel considerare la componente da recapture come un interesse attivo, di natura uguale e contraria agli interessi passivi oggetto di sterilizzazione. Si tratta, lo si anticipa, della soluzione adottata anche dall’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 303/2023, anche per la sua maggiore attuabilità sul piano operativo.

Il principale ostacolo che incontra questa teoria è, tuttavia, la qualifica come interesse attivo, ex art. 96 TUIR, del provento stesso. È noto, infatti, che ai fini della riconducibilità di un provento tra gli interessi attivi o proventi assimilati ex art. 96 TUIR è necessario che sussistano tre condizioni:

✓ la qualificazione come interessi deve derivare dall’applicazione dei principi contabili adottati dall’impresa;

✓ tale qualificazione deve essere confermata ai fini fiscali dalle disposizioni emanate in attuazione dell’art. 1, comma 60, della L. 244/2007, dell’art. 4, commi 7-quater e 7-quinquies, del DLgs. 38/2005, e dell’art. 13-bis, comma 11, del DL 244/2016, convertito, con modificazioni, dalla L. 19/2017;

✓ gli interessi derivino da un’operazione o rapporto contrattuale avente causa finanziaria o, comunque, contenente una componente di finanziamento significativa.

Al riguardo, il requisito della qualificazione a titolo di interessi sulla base dei principi contabili adottati, nel caso di specie, è ritenuto integrato dalle Entrate in virtù del fatto che la stessa ha già trovato espressione al momento dell'imputazione degli interessi passivi in sede di contabilizzazione della passività finanziaria secondo il MCA. La rilevazione della ''riserva di conversione'' determina, infatti, la contabilizzazione di reversal connessi alla circostanza che il debito per il prestito obbligazionario è stato valutato con il MCA sulla base del criterio dell'interesse effettivo, confermando la descritta connessione con gli interessi passivi registrati medio tempore.

Conseguentemente, l'importo tassato della riserva di conversione assume la classificazione fiscale di provento assimilato agli interessi attivi confluendo nel plafond di deducibilità ai sensi dell'art. 96 TUIR, nel periodo di imposta in cui si rileva la mancata conversione.

Sul punto, prescindendo dall'effettiva deduzione degli interessi passivi rilevati pro tempore in bilancio (o dalla capienza del ROL), l'inclusione del suddetto componente positivo nel plafond di deducibilità consentirà di riequilibrare il rapporto tra gli interessi passivi dedotti, quelli riportabili in avanti o le posizioni soggettive ''consumate'' anche nell'ambito del Consolidato fiscale.

Sotto il profilo pratico resta da chiarire come coniugare la qualifica del provento da recapture con il meccanismo di funzionamento di cui all’art. 96 TUIR. In teoria il provento in esame dovrebbe essere utilizzato come interesse attivo. In caso vi siano interessi passivi di periodo o pregressi potrà essere usato a scomputo di questi. In caso contrario, l’interesse attivo potrà essere utilizzato senza limiti di tempo.

Un altro punto degno di interesse della risposta riguarda la qualificazione ai fini IRAP del provento da recapture (nel caso ovviamente di holding industriali). L’Agenzia giunge a tale conclusione in maniera scontata. La ragione teorica di tale conclusione deve probabilmente essere rinvenuta in due dei principi di maggior complessità della disciplina IRAP: la rilevanza delle componenti imputate a patrimonio netto senza reversal a conto economico ed il principio di correlazione.

Da un lato il provento da reversal proviene da una riserva di equity imputata a patrimonio netto senza reversal. Dall’altro lato, tale provento è correlato ai precedenti interessi passivi precedenti dedotti.

L’applicazione congiunta di tali due principi dovrebbe legittimarne l’imponibilità IRAP.

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