Carried interest: investimento idoneo anche in caso di finanziamento agevolato

Con la Risposta n. 403 del 2023 l’Agenzia delle entrate ha fornito alcuni chiarimenti in materia di carried interest, in una peculiare ipotesi in cui non risultava soddisfatto il requisito dell'investimento minimo dell'1% ed i manager avevano sottoscritto strumenti partecipativi con diritti patrimoniali rafforzati usufruendo in parte di un finanziamento agevolato erogato dalla società emittente.

Il quesito

L’Istante, Beta Holding S.p.A. (“Beta), detiene il 100% del capitale sociale di Alfa S.p.A. (“Alfa) e ha deliberato l’approvazione di un piano di co-investimento dei manager, dipendenti e amministratori di Alfa (nel prosieguo complessivamente indicati come “Manager), che prevede la sottoscrizione da parte di questi ultimi di strumenti finanziari partecipativi (SFP) con diritti patrimoniali rafforzati emessi dall’Istante.

Per la sottoscrizione dei suddetti SFP alcuni Manager usufruiranno di un finanziamento fruttifero erogato dalla Società, che saranno obbligati a rimborsare, applicando un interesse pari al 1,25% annuo.

L’esborso effettivo che i Manager sopporteranno per la sottoscrizione iniziale degli SFP è pari a circa lo 0,64% del valore corrente del patrimonio di Beta.

L’art. 60 del d.l. n. 50 del 2017 stabilisce che vengano automaticamente qualificati quali redditi di natura finanziaria (e non redditi da lavoro dipendente) gli strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati, qualora concorrano tre condizioni:

  • L’investimento complessivo di dipendenti e amministratori comporti un esborso effettivo pari all’1% dell’investimento complessivo effettuato dall’OICR o del patrimonio netto nel caso di società o enti;
  • I proventi delle azioni, quote o strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati maturino solo dopo che tutti i soci o partecipanti all’OICR abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e ad un rendimento minimo previsto nello statuto o nel regolamento o nel caso di cambio di controllo, alla condizione che gli altri soci o partecipanti dell’investimento abbiano realizzato con la cessione un prezzo di vendita almeno pari al capitale investito e al predetto rendimento minimo;
  • Le azioni, le quote o gli strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati siano detenuti da dipendenti ed amministratori per un periodo non inferiore a cinque anni o, se precedente al decorso di tale periodo quinquennale, fino alla data di cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione.

La sussistenza di tutte queste condizioni è indice dell’allineamento degli interessi e dei rischi dei manager rispetto agli altri investitori. Ove non ricorra uno di tali requisiti, sarà invece necessario effettuare un’analisi volta a verificare caso per caso la natura del provento, onde stabilire se esso sia effettivamente collegato all’assunzione del rischio derivante dall’investimento, o se rappresenti un compenso per l’attività lavorativa prestata.

Nel caso di specie, il requisito non rispettato è quello relativo all’investimento minimo dell’1%. Per tale ragione l’Istante chiede all’Agenzia di valutare se i proventi derivanti dai suddetti SFP rappresentino una forma di remunerazione della partecipazione al capitale di rischio (reddito di capitale o diverso) o se costituiscano, invece, una sorta di incentivo riconosciuto al management a fronte dell’attività lavorativa prestata.

La risposta dell’Agenzia delle entrate

L’Agenzia delle entrate, dopo aver delineato la disciplina di riferimento, valuta, nel caso concreto, la presenza di indici di allineamento degli interessi tra managemente altri investitori e la correlata esposizione al rischio di perdita del capitale investito, alla presenza dei quali si può affermare la non riconducibilità dei proventi derivanti da SFP con diritti patrimoniali rafforzati al reddito da lavoro dipendente.

In tal senso, assume rilevanza l’ammontare dell’investimento effettuato dai Manager, che, seppur non superi la soglia dell’1%, può essere considerato rilevante (almeno 2.900.000).

Al contrario, pattuizioni che incidano in senso negativo sulla posizione di rischio del manager fino a neutralizzarla del tutto mal si conciliano con la qualificazione del provento come reddito di capitale o diverso.

Non può essere però qualificato in tal senso, secondo l’Agenzia, il finanziamento agevolato (remunerato ad un tasso di interesse al di sotto del tasso di mercato pari al 50% del tasso ufficiale BCE) per la parziale copertura della sottoscrizione degli strumenti finanziari ad opera di alcuni Manager. Suddetto finanziamento a tasso agevolato costituisce un fringe benefit per il dipendente, il cui differenziale di interesse deve essere assoggettato a tassazione.

Nel caso in esame, ulteriori elementi a sostegno della natura finanziaria dei proventi derivanti dagli SFP sono l’assenza di clausole che consentano in ogni caso il recupero del capitale investito, che andrebbero a neutralizzare la posizione del rischio del manager, e la presenza di una retribuzione congrua dei manager, idonea ad escludere che i proventi derivanti dalla sottoscrizione degli SFP abbiano una funzione integrativa della retribuzione del management.

Per tali ragioni l’Agenzia ritiene che i proventi derivanti dall’investimento dei Manager possano qualificarsi come carried interest e rientrino quindi tra i redditi di natura finanziaria.

C.V.

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