Direttiva Madre Figlia: riflessi sull’IRAP a seguito di una sentenza della CGT di Milano

11 Aprile 2024

Con la sentenza n. 1429/2024, la Corte di Giustizia Tributaria di Milano ha statuito il rimborso, a favore di un istituto di credito, dell’IRAP assolta su una base imponibile nella quale, come previsto dall’art. 6 del d.lgs. 446/1997, confluiscono (nella misura del 50%) i dividendi corrisposti da una propria controllata con sede in uno Stato membro. La norma citata, secondo i giudici milanesi, è contraria alla Direttiva Madre-Figlia (la quale è self-executing) e in quanto tale deve essere disapplicata.

La vicenda risolta dalla CGT di Milano origina dall’istanza di rimborso dell’IRAP versata da un istituto di credito per l’esercizio 2021/2022, in relazione alla quale l’Agenzia delle entrate aveva opposto silenzio-rifiuto. L’istanza era basata sul supposto contrasto tra la Direttiva Madre-Figlia (Direttiva n. 2011/96/UE) e la norma che, per banche e gli altri enti e società finanziari, determina la base imponibile dell’IRAP (art. 6, c. 1, d.lgs. 446/1997). Tale norma prevede infatti che i dividendi concorrano nella misura del 50% alla formazione del margine di intermediazione, quale una delle componenti della predetta base imponibile.

La Direttiva Madre-Figlia, dal canto suo, prevede all’art. 4, par. 1, che “quando una società madre, in veste di socio, riceve dalla società figlia utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione di quest’ultima, lo Stato della società madre [pt. i.] si astiene dal sottoporre tali utili a tassazione o [pt. ii.] li sottopone a tassazione, autorizzando però detta società madre a dedurre dalla sua imposta la frazione dell'imposta pagata dalla società figlia a fronte dei suddetti utili”. Al par. 2, è tuttavia prevista la possibilità per lo Stato membro di sottoporre a tassazione un importo forfettario non superiore al 5% degli utili distribuiti dalla società figlia, quali oneri correlati alla partecipazione societaria e alle minusvalenze risultati dalla distribuzione.

L’Italia, nell’applicazione delle suddette disposizioni nel comparto delle imposte dirette, ha optato per il regime di esenzione di cui al pt. i. (e non per il regime della deduzione, egualmente previsto dallo stesso art. 4, par. 1), riservandosi al contempo la tassazione dei dividendi percepiti nella misura del 5% prevista dal par. 2, così come recepita nell’art. 89, c. 3, TUIR. Il medesimo contegno normativo, a detta della società contribuente, non era stato tuttavia attuato con riferimento all’IRAP.

La Corte milanese, investita della questione, ha sposato la tesi della ricorrente affermando che la tassazione “dei dividendi erogati alla società italiana dalla propria controllata estera, siccome disposta dall’Italia in recepimento [della Direttiva Madre-Figlia] abbia esaurito il limite di relativa tassazione in misura non superiore al 5%, con la conseguenza che l’inclusione del 50% di detti dividendi nella base imponibile IRAP dettata dall’art. 6, comma 1, lett. a) del d.lgs. 446/1997 sostanzia il superamento del limite stabilito dalla normativa comunitaria”.

A tali conclusioni non osta:

  • Né il fatto che non vi sia una norma interna di recepimento della Direttiva nel settore dell’IRAP, in quanto la stessa fonte comunitaria è self executing, cioè contiene meri obblighi precettivi, sufficientemente precisi, non subordinati all’emanazione di un atto interno di recepimento;
  • Né il fatto che l’IRAP non figuri espressamente tra le imposte cui la Direttiva si riferisce di cui all’Allegato I, parte B, della stessa (imposte, tra l’altro, nominate ai soli fini della delimitazione soggettiva delle imprese a cui la normativa si applica). Sullo stesso tema vi è inoltre un autorevole precedente della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (espressasi con la sentenza resa nella causa C-365/16) con la quale si è stabilito che la Direttiva ha efficacia in ordine a qualsivoglia imposta riscossa “in sede di distribuzione dei dividendi da parte della società madre e la cui base imponibile è costituita dagli importi dei dividendi distribuiti”.

In ragione delle suesposte riflessioni, la Corte milanese, attestando l’esposto contrasto tra la normativa interna e quella di fonte comunitaria, ha statuito la disapplicazione della disposizione di cui all’art. 6, c. 1, lett. a) del d.lgs. 446/1997, condannando la controparte erariale al rimborso dell’IRAP per la quale era stata avanzata l’istanza.

La sentenza in commento si fa particolarmente apprezzare per i fini ragionamenti seguiti dai giudici di Milano e i principi in essa contenuti sono suscettibili di un’applicazione diffusa.

A.P.

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