Governance a prova di rating: il tax control framework come nuovo parametro ESG

In un tempo in cui la sostenibilità non è più solo un valore etico, ma un criterio concreto di valutazione imprenditoriale, il legame tra trasparenza fiscale, governance e rating ESG emerge con forza crescente. Le imprese non possono più permettersi di gestire il rischio fiscale come una mera compliance passiva: devono renderlo parte integrante della propria strategia di sostenibilità se vogliono accedere a capitali più favorevoli, migliorare la propria reputazione e, non da ultimo, attrarre investitori.

La moderna declinazione di sostenibilità, oggi coniugata nei parametri ESG, richiede agli imprenditori di medie e grandi dimensioni, e di conseguenza anche alla loro supply chain, di ripensare ai modelli di business per orientarli alle nuove esigenze ambientali e sociali.

In un’epoca stakeholder-centrica, non più incentrata sull’esclusivo soddisfacimento degli interessi degli azionisti, sebbene il driver principale rimanga pur sempre il profitto, è altrettanto vero che le performance economiche non sono più da sole sufficienti per attrarre capitale e investitori.

Si tratta anche di questione reputazionale e di concorrenza sul mercato.

In questo scenario, evidente è l’importanza della governance parte del trinomio ESG, dal momento che una adeguata organizzazione e gestione dell’impresa non può più prescindere da un attento governo del rischio fiscale, conclusione rintracciabile tra le maglie esplicative degli European Sustainability Reporting Standard (ESRS) adottati dall’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG)[1], che rappresentano l’architrave del reporting di sostenibilità introdotto dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD).

Invero, sebbene l’analisi della questione fiscale all’interno del report di sostenibilità non sia espressamente richiamato dagli appena menzionati standard ESRS, tale parametro rientra quale pietra miliare a seguito del protocollo d’intesa[2] siglato con il global reporting initiative (GRI Standard).

Infatti, a partire dalla rendicontazione di sostenibilità del 2021, è stato aggiunto ai GRI Standard, il GRI-207 relativo alla rendicontazione e alla trasparenza in materia fiscale[3], denotando, con ciò, un rilevante interesse verso la gestione del rischio fiscale.

Ne deriva che fiscalità e sostenibilità non possono più essere considerate disgiuntamente.

Per il vero, tale standard è oggi punto di riferimento per la rendicontazione fiscale in ambito di sostenibilità che richiede alle imprese non solo di rendicontare le proprie strategie fiscali e i meccanismi di governance connessi, ma anche di fornire il country-by-country reporting (CbCR) disaggregato, chiaro e accessibile, in nome di quella trasparenza che oramai coniuga molti aspetti rilevanti della fiscalità.

È in questo senso che entrano in gioco due strumenti chiave della nuova governance fiscale (e della sopra richiamata trasparenza): il regime di adempimento collaborativo e il Tax Control Framework (TCF). Il primo, introdotto in Italia con il D.Lgs. 128/2015, rappresenta un patto di trasparenza tra impresa e amministrazione finanziaria basato su fiducia reciproca, dialogo preventivo e disclosure volontaria; il secondo, il TCF, è l’ossatura operativa di questa fiducia, un sistema strutturato di procedure e controlli interni volto a identificare, gestire e monitorare i rischi fiscali, con un approccio proattivo e documentato. In questo quadro, l’amministrazione finanziaria diviene un interlocutore con cui costruire valore a lungo termine.

Ciò che fino a poco tempo fa sembrava riguardare solo la relazione impresa-fisco, oggi si intreccia in maniera sempre più stretta con la dimensione valutativa del trinomio ESG, in particolare con la governance.

Infatti, le agenzie di rating non guardano più soltanto ai risultati economici, ma incominciano ad interessarsi anche alla qualità del presidio fiscale, alla coerenza tra strategia e reporting, alla robustezza delle policy interne. In questo contesto, il TCF e il regime di adempimento collaborativo diventano vere e proprie leve di vantaggio competitivo: chi li adotta, comunica al mercato la propria volontà di essere trasparente, responsabile e conforme a standard internazionali.

In questo senso, le agenzie di rating ESG, attribuiscono – nel complesso calcolo del rating complessivo – un importante valore alla tax transparency, al risk management & performance inteso quale valutazione delle performance dei più alti livelli di governance e presenza (o assenza) di target di sostenibilità misurabili all’interno di un Piano Strategico e alla disclosure quale completezza dei dati quali-quantitativi forniti da ciascuna azienda, tenuto contro di benchmark di riferimento e della materialità.

In particolare, prendendo come riferimento le più importanti agenzie di rating ESG, quali MSCI, Sustainalytics e Moody’s ESG Solutions, si legge, nelle loro metriche di valutazione, la particolare attenzione nei confronti della gestione del rischio fiscale.

Trasparenza sui rischi fiscali, capacità di controllo interno, integrità dei processi decisionali in ambito tributario, con attribuzione di ruoli e responsabilità oltre che aderenza a standard volontari, diventano pertanto indicatori cruciali per l’attribuzione di un rating elevato nella componente “Governance”.

Quello che viene in evidenza è che, valutando il segmento di rischio controllabile, la performance di un’azienda si riflette attraverso le sue politiche, i suoi programmi, le sue pratiche e le misure quantitative di performance, fornendo una chiara comprensione dell’efficacia della gestione del rischio.

È evidente come un’impresa che implementi un TCF avanzato e aderisca al regime di adempimento collaborativo – che richiedono, entrambi, una vera e propria disclosure oltre che un dialogo proattivo e preventivo con l’Agenzia delle Entrate – riesca a posizionarsi meglio nei confronti del mercato, grazie alla gestione del rischio fiscale e alla dimostrazione di accountability verso tutti gli stakeholder.

Non si tratta solo di compliance, ma di creazione di valore: in un ecosistema normativo in cui anche la tassazione viene letta attraverso la lente della sostenibilità, integrare la gestione fiscale all’interno delle policy ESG non è più opzionale, ma strategico.

Le imprese che sapranno interpretare questa evoluzione saranno quelle capaci di coniugare legalità, trasparenza e competitività, e di trasformare l’amministrazione finanziaria da nemico ad alleato della sostenibilità.

A.M. e D.R.


[1] Tali standard nascono a seguito dell’adozione in Europa della Non-Financial Reporting Directive (NFRD) prima, superata poi, dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), del regolamento Tassonomia n. 852/2020 e della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D).

[2] Cfr. GRI-ESRS Interoperability Index; EFRAG-GRI Joint Statement of Interoperability.

[3] Il GRI 207 si compone di: GRI 207-1 “approach to tax”; GRI 207-2 “tax governance, control, and risk management”; GRI 207-3 “stakeholder engagement and management of concerns related to tax” e GRI 207-4 “country-by-country reporting”.

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