Diritti d’autore e flat tax: un intreccio interessante

L’intensificarsi della mobilità internazionale degli artisti, unita all’espansione costante del mercato globale, solleva questioni rilevanti sul piano fiscale, in particolare per quanto riguarda la qualificazione e la localizzazione dei redditi derivanti dalla cessione o concessione in uso dei diritti connessi allo sfruttamento economico del diritto d’autore. In tale contesto assume particolare rilevanza la possibilità di assoggettare detti compensi alla tassazione di favore prevista dal regime fiscale agevolato per i neo-residenti con elevata capacità contributiva.

La disciplina civilistica relativa alla tutela del diritto d’autore trova il proprio fondamento nell’art. 2575 c.c.[1] e nella Legge 22 aprile 1941, n. 633 (Legge sul diritto d’autore), pietra miliare della tutela dei diritti che qui ci occupano, la quale distingue due autonome categorie di diritti: diritti morali[2] e diritti patrimoniali[3].

Solo la seconda categoria di diritti, in quanto giuridicamente disponibili, può legittimamente essere oggetto di cessione a titolo definitivo[4] ovvero di concessione in uso secondo lo schema della licenza dietro corresponsione di un compenso, nella forma di royalties.

Tale aspetto è di estrema rilevanza sotto il profilo tributario, poiché sembra pacifico ritenere che i compensi percepiti dall’autore per la cessione o concessione dello sfruttamento economico di opere dell’ingegno protette dal diritto d’autore, rientrino tra i redditi assimilati ai redditi di lavoro autonomoex art. 53, co. 2, lett. b), del TUIR, a mente del quale costituiscono redditi di lavoro autonomo quelli derivanti dall’utilizzazione economica di opere dell’ingegno, brevetti e altre opere immateriali (qualora tali redditi siano percepiti dall’autore stesso).

A sostegno di tale orientamento interpretativo rileva altresì l’art. 54, co. 1-quater, del TUIR, nella formulazione antecedente al D.Lgs. n. 192/2024, che includeva espressamente nel reddito professionale anche i proventi derivanti dalla cessione di elementi immateriali riferibili all’attività artistica o professionale. Sebbene la disposizione sia stata abrogata dal recente decreto, la Relazione illustrativa di accompagnamento ha comunque precisato che, in applicazione del principio di onnicomprensività, la rilevanza reddituale dei proventi derivanti dalla cessione di opere immateriali trova conferma implicita nel criterio generale sancito dal novellato co. 1 del medesimo art. 54 del TUIR.

Diversamente, quando il beneficiario dei proventi non coincide con l’autore, i redditi derivanti dalla successiva utilizzazione economica dell’opera rientrano nella categoria dei redditi diversi, ai sensi dell’art. 67, co. 1, lett. g), del TUIR, il quale statuisce che appartengono a tale categoria “i redditi derivanti dall’utilizzazione economica di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico, salvo il disposto della lettera b) del comma 2 dell’articolo 53”. Sul punto, l’Agenzia si è pronunciata relativamente all’interpretazione di tale norma sancendo chiaramente che in detta categoria reddituale rientrano i redditi derivanti da utilizzazione economica di opere dell’ingegno esclusivamente da parte di soggetti terzi che non siano, cioè, l’autore o l’inventore del bene immateriale[5].

Questa conclusione, tuttavia, non risulta in linea con i trattati contro le doppie imposizioni, il cui commentario chiarisce che, se l’autore concede l’utilizzo del diritto d’autore senza trasferirne la titolarità, i relativi proventi sono classificati come royalties, secondo quanto previsto dall’art. 12 del Modello OCSE. Al contrario, quando l’autore cede a titolo definitivo i diritti connessi al diritto d’autore, i proventi derivanti dalla cessione sono considerati capital gains e tassati come plusvalenze, ai sensi dell’art. 13 del Modello OCSE[6] che, però, per la legislazione italiana sono inquadrate ex art. 67, co. 1, lett. l), TUIR.

Il corretto inquadramento all’interno dell’art. 53 del Testo Unico e non dell’art. 67 del medesimo testo, risulta dirimente nel caso di redditi di fonte estera percepiti dai neo-residenti che beneficiano del regime agevolato ex art. 24-bis del TUIR. Infatti, i proventi derivanti dalla cessione dei diritti in commento verrebbero a qualificarsi quali redditi di fonte estera (qualora erogati da soggetti esteri), sulla base della lettura a specchio[7] dell’art. 23, co, 2 lett. c), del TUIR. Va da sé che inquadrare i suddetti redditi quali redditi di lavoro autonomo di fonte estera comporterebbe la ricomprensione degli stessi nell’ambito della flat tax, al contrario di quanto avverrebbe seguendo l’impostazione convenzionale che qualifica il relativo reddito quale plusvalenza, il che ne comporterebbe l’esclusione dalla tassazione forfetaria e l’assoggettamento a tassazione ordinaria.

In definitiva, l’impostazione che pare più centrata, cioè l’inquadramento dei redditi derivanti dallo sfruttamento economico del diritto d’autore all’interno della categoria dei redditi di lavoro autonomo, rende il nostro Paese estremamente attrattivo per quegli artisti facoltosi che desiderassero tutelare i propri diritti e, al contempo, godere in Italia di una tassazione vantaggiosa sui redditi percepiti all’estero.

G.A. e D.R.


[1] L’articolo definisce come opere dell’ingegno tutelabili quelle di carattere creativo appartenenti alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, indipendentemente dalla forma o modalità espressiva adottata.

[2] Atti a salvaguardare la personalità e reputazione dell’autore (i.e. il diritto di rivendicare la paternità dell’opera, di opporsi a qualsiasi modificazione lesiva della stessa, nonché il diritto di ritirarla dal commercio) che si connotano per il loro carattere inalienabile, imprescrittibile e irrinunciabile.

[3] Concernenti lo sfruttamento economico dell’opera in ogni forma e modalità (i.e. riproduzione, esecuzione, rappresentazione o altre forme di utilizzazione, nonché il diritto a percepire i relativi proventi) che possono essere oggetto di rinuncia e trasferimento a terzi.

[4] Mediante uno schema contrattuale ad effetti istantanei, finalizzato al trasferimento dei diritti di utilizzazione economica dal titolare originario a uno o più aventi causa.

[5] Cfr. Risposta ad Interpello n. 51/2025.

[6] Cfr. Commentario OCSE, art. 12, par. 16, ai sensi del quale “in general if the payment is in consideration for the transfer of rights that constitute a distinct and specific property (…), such payments are likely to be business profits within Article 7 or a capital gain within Article 13 rather than royalties within Article 12. That follows from the fact that where the ownership of rights has been alienated, the consideration cannot be for the use of the rights”. 

[7] Cfr. Circolare n. 17/2017.

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