Con l’ordinanza n. 15944 depositata il 14 giugno 2025, la Corte di Cassazione ha affermato che, anche in presenza di una clausola di earn-out, la plusvalenza derivante dalla cessione di partecipazioni si considera fiscalmente realizzata al momento della conclusione del contratto, ossia quando si perfeziona la cessione a titolo oneroso. Resta fermo che l’incasso eventuale e differito dell’earn-out determina, secondo il principio di cassa, il periodo d’imposta in cui il relativo reddito deve essere assoggettato a tassazione. Il caso La controversia riguardava una persona fisica, la quale cedeva ad una società estera una partecipazione pari all’11,67% del capitale sociale di una società italiana, concordando un prezzo di cessione suddiviso in tre componenti: un prezzo base, un aggiustamento del prezzo ed un earn-out, quest’ultimo legato ai risultati economici conseguiti dalla società italiana negli anni 2011 e 2012. Il prezzo base e l’aggiustamento venivano incassati nel 2011 e tassati con l’aliquota applicabile alle plusvalenze allora vigente pari al 12,5%. Successivamente, negli anni 2012 e 2013 venivano determinati – sulla base dei risultati economico-finanziari ottenuti dalla società ceduta successivamente alla stipula dell’accordo – e, quindi, incassati due earn-out, entrambi tassati con l’aliquota sulle plusvalenze allora pari al 20%. Ritenendo che anche tali somme dovessero essere tassate con l’aliquota del 12,5% vigente al momento della cessione, il contribuente presentava nel 2016 un’istanza di rimborso pari alla differenza tra l’imposta versata (20%) e quella ritenuta dovuta (12,5%). A seguito del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria, il contribuente presentava ricorso dinanzi alla competente Corte tributaria, che lo respingeva all’esito del giudizio di primo grado, confermando la decisione anche in appello. Avverso tale esito, l’interessato proponeva dunque ricorso per cassazione. La decisione La Suprema Corte ha accolto il ricorso del contribuente, ritenendo rilevante, ai fini della determinazione della plusvalenza e del relativo regime fiscale applicabile, il momento in cui si perfeziona la cessione, piuttosto che il diverso momento in cui viene liquidato il corrispettivo. A fondamento della propria decisione i Giudici hanno richiamato un consolidato principio affermato dalla prassi amministrativa[1] e dalla giurisprudenza di legittimità[2] secondo cui la determinazione del momento di realizzo delle plusvalenze da cessione di partecipazioni deve riferirsi alla data in cui si perfeziona l’atto di cessione a titolo oneroso, e non al momento in cui il corrispettivo viene effettivamente incassato, non assumendo dunque rilievo le vicende successive, come la rateizzazione o il mancato pagamento del prezzo. In particolare, quando il contratto di cessione prevede una clausola di earn-out, il regime fiscale applicabile all’intero corrispettivo, sia nella sua parte fissa che in quella variabile, è determinato al momento della stipula dell’accordo. Ciò significa che, anche qualora la quota earn-out venga incassata successivamente, essa mantiene la natura di reddito diverso derivante dalla cessione e deve essere assoggettata all’aliquota in vigore al momento della sottoscrizione del contratto[3]. Il corrispettivo complessivo, comprensivo della parte variabile, è quindi considerato fiscalmente unitario, poiché le condizioni che regolano l’earn-out sono già predeterminate nell’accordo di cessione. Pertanto, la liquidazione differita del corrispettivo non altera il regime tributario applicabile. La Suprema Corte ha infine stabilito che, in materia di cessione di partecipazioni sociali, il momento di realizzo della plusvalenza coincide con il perfezionamento dell’atto di cessione a titolo oneroso, anche in presenza di una clausola di earn-out che comporti il pagamento differito di una parte del corrispettivo subordinata a risultati economici futuri. Ne consegue che l’aliquota fiscale applicabile deve essere quella vigente al momento della cessione. L’interpretazione estensiva adottata dalla Corte di Cassazione dovrebbe trovare applicazione anche nei casi in cui la cessione di partecipazioni avvenga mediante pagamento rateale del corrispettivo, e cioè senza legami rispetto ai risultati economici della società ceduta. Diversamente dalle clausole di earn-out, che introducono elementi aleatori legati all’andamento futuro della società e possono incidere sull’obbligo impositivo del cedente, nel pagamento rateizzato tale aleatorietà è assente, poiché l’ammontare del corrispettivo è definito fin dall’origine. Pertanto, anche in detta ipotesi, l’aliquota da applicare alla plusvalenza derivante dalla cessione dovrebbe essere quella vigente al momento della stipula del contratto. G.A. [1] Circolare AdE n. 165/E/1998. [2] Cass. nn. 14848/2018 e 11635/2019. [3] Risoluzione AdE n. 74/E/2021.