Investment management exemption: il decreto attuativo elimina quasi tutti gli ostacoli

Il comma 255 dell’art. 1 della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di bilancio per il 2023), portante la modifica dell’art. 162 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), ha introdotto una speciale presunzione legale (c.d. “investment management exemption”).

Tale presunzione prevede, a determinate condizioni, la non configurabilità di una stabile organizzazione personale in Italia di un veicolo di investimento estero. Ciò anche laddove questi si avvalga, in Italia, di soggetti (cd. asset manager), italiani o esteri, che prestano servizi di supporto all’attività di investimento (ad es. la conclusione di contratti)[1].

In altre parole, laddove rispettino le condizioni fissate dal novellato art. 162 TUIR, gli asset manager sono considerati “agenti indipendenti” del veicolo di investimento estero e come tali non configurano una stabile organizzazione personale.

Come osservato nella Relazione Illustrativa alla Legge di Bilancio 2023, "la modifica alla nozione interna di stabile organizzazione risponde all'esigenza di ridimensionare tale rischio" che "potrebbe avere effetti fortemente deterrenti relativamente alla decisione di localizzare in Italia gli «asset manager»".


La presunzione opera in presenza del congiunto soddisfacimento delle condizioni elencate nel successivo comma 7-quater, ovvero:

  1. Il veicolo di investimento non residente e le sue controllate devono essere residenti in Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni;
  2. Il veicolo di investimento deve rispettare taluni requisiti di indipendenza la cui individuazione è rimessa ad un decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze di prossima emanazione;
  3. L'asset manager non deve ricoprire cariche direttive e/o di controllo nel veicolo estero o in sue controllate e non deve essere titolare di partecipazioni ai risultati del veicolo o delle sue controllate in misura superiore al 25%;
  4. La remunerazione riconosciuta all'asset manager per le attività svolte in Italia deve essere supportata dalla documentazione idonea prevista in materia di transfer pricing.

Qualora le condizioni previste dalla legge non siano soddisfatte, l’amministrazione finanziaria procede caso per caso al fine di verificare la configurazione di una stabile organizzazione.

Intorno alla norma in esame è sorto, sin dall’emanazione della stessa, un vivace dibattito determinato dalle molteplici tematiche applicative poste dal tenore letterale della norma. Le questioni principali erano le seguenti:

  • Possibile estensione della presunzione all’ipotesi di investimenti diversi rispetto agli strumenti azionari e ai crediti (es. immobili);
  • Incertezza in merito alla nozione di indipendenza;
  • Non era chiaro se il divieto di assunzione di cariche direttive fosse operante solo in capo all’asset manager stesso oppure in capo ai dipendenti (manager) di quest’ultimo; in questa seconda ipotesi la disciplina in esame avrebbe trovato raramente applicazione dal momento che tutti gli investitori di private equity esteri prevedono sempre che alcuni dipendenti dell’asset manager assumano ruoli direttivi nella società target;
  • Mancanza di chiarezza in merito agli effetti che una eventuale contestazione di transfer pricing avrebbe avuto sull’operatività della disciplina in esame.

La norma in esame prevedeva l’emanazione di un decreto volto a dare attuazione a tale disciplina. La bozza di decreto attuativo è stata recentemente posta in pubblica consultazione, terminata il 27 ottobre.

Il decreto, nella versione diffusa ad oggi, risolve molte delle problematiche applicative poste dal tenore letterale della norma.

Per ciò che concerne i requisiti di indipendenza dell’investitore, lo schema di decreto stabilisce che si considerano indipendenti:

  • gli OICR istituiti, in conformità alla direttiva 2009(65/CE (UCITS) e alla direttiva 2011/61/UE (GEFIA), in un Paese dell’Unione Europea o dello Spazio economico europeo che consente un adeguato scambio di informazioni;
  • gli OICR istituiti in uno Stato o territorio compreso nell’elenco di cui all’art. 11, comma 4, lett. c) del D. Lgs. n. 239 del 1996 (Paesi white list); nonché
  • le entità white list, diverse dagli OICR, soggette a vigilanza prudenziale e gestite a monte a favore di una pluralità di soggetti in cui nessun soggetto detenga una interessenza maggiore del 20%.

Al riguardo, la relazione illustrativa allo schema di decreto evidenzia quindi come OICVM e FIA possano essere considerati veicoli di investimento indipendenti ai fini in esame. Sono invece esclusi i veicoli nei quali non è riscontrabile l’indipendenza del gestore degli investimenti rispetto agli investitori, quali ad esempio i family office e i club deal.

Le precisazioni di maggiore interesse contenute nel decreto riguardano in ogni caso le caratteristiche di indipendenza dell’agente/asset manager. A tale proposito, la bozza precisa che:

  • le caratteristiche di indipendenza devono riguardare non solo l’agente medesimo, ma anche i dipendenti e gli amministratori di tale soggetto;
  • in ogni caso, il divieto di assunzione di cariche (nonché il limite alla partecipazione agli utili) deve intendersi riferito solo agli investitori diversi dagli OICR UE/SEE o white list;
  • inoltre, tale divieto deve intendersi riferito alle cariche con deleghe generali operative attribuite dall’organo di amministrazione; sono invece escluse le specifiche deleghe approvate dall’organo di amministrazione attribuite al soggetto con riferimento a singoli atti.

Si tratta di chiarimenti di fondamentale rilevanza per il settore. Di fatto, l’operatività del divieto di assunzione di cariche è infatti circoscritta al caso, del tutto residuale nella pratica, di strutture di investimento che non fanno capo ad un OICR UE/SEE o comunque white list. Inoltre, anche con riferimento ai dipendenti dei soggetti diversi da tali OICR, il divieto opera solo con riguardo a ruoli operativi. Ci si riferisce quindi, precisa la relazione illustrativa, a cariche con deleghe operative che sembrano superare la normale operatività del settore.

Per quanto concerne poi la partecipazione agli utili, nel computo della percentuale di partecipazione agli utili, si considerano anche le partecipazioni ai risultati economici spettanti ai soggetti appartenenti al medesimo gruppo dell’asset manager, ovvero i soggetti legati da un rapporto di controllo; va considerata l’eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa.

Interessanti sono poi le precisazioni relative alla predisposizione da parte dell’asset manager di idonea documentazione ai fini della disciplina in tema di prezzi di trasferimento.

Al riguardo, la relazione precisa che eventuali rettifiche dell’Amministrazione finanziaria riguardanti la non conformità dei compensi del gestore non travolgono la presunzione legale in parola. L’eventuale rettifica produrrà effetti solo sul reddito del gestore medesimo (senza sanzioni in virtù dell’idoneità della documentazione di supporto).

A tale proposito, come evidenziato in dottrina, andrebbero chiarite le conseguenze della eventuale mancata tenuta della documentazione. Quantomeno laddove l’asset manager sia estero andrebbe infatti precisato che la mancata tenuta della documentazione non preclude l’applicazione della presunzione in esame.


[1] Al fine di scongiurare il rischio che si configuri invece nel territorio dello Stato una stabile organizzazione materiale del veicolo di investimento non residente, il nuovo co. 9-bis prevede che, al ricorrere delle condizioni di cui al co. 7-quater, la sede fissa di affari a disposizione di un'impresa residente che vi svolge la propria attività non si considera a disposizione del veicolo per il solo fatto che l'attività svolta dall'impresa gli reca un beneficio. Tenuto conto di quanto chiarito nella Relazione Illustrativa, tale disposizione trova applicazione quando l'impresa residente e il veicolo estero appartengono allo stesso gruppo (sebbene il disposto normativo nulla dica in tal senso).

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